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20100326

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Straniera nel suo paese
di Igiaba Scego (scrittrice italiana d’origine somala. Questa è la prima puntata della sua serie Nuovi cittadini)

Queenia Pereira De Oliveira non ha la cittadinanza ma vive in Italia da quando è nata. Qui ha fatto le scuole, ha conosciuto i suoi amici e si è formata come persona. Suo padre è nigeriano, la madre è brasiliana. Non ha la cittadinanza perché la legge non accoglie i figli degli immigrati che, come lei, sono arrivati in Italia da piccoli.
Queenia vorrebbe pensare al futuro ma la legge glielo impedisce. Quando ha compiuto 18 anni ha capito di essere una straniera in Italia. Su Facebook scrive: “Vivere nel mio paese legata a un permesso di soggiorno è come uscire di casa con un paio di chiavi, sapendo che qualcuno è pronto a cambiare la serratura (di casa mia) e lasciarmi fuori”.
Ai ragazzi come Queenia lo stato italiano nega la possibilità d’iscriversi a un albo professionale, di fare un viaggio di lavoro all’estero, di andare a studiare in un altro paese. Sono imprigionati nel loro paese dal permesso di soggiorno.
La cittadinanza in Italia si trasmette secondo il principio dello ius sanguinis, da genitore a figlio. Si è italiani se si ha un genitore (o un antenato) italiano e si riesce a dimostrare il rapporto di parentela. Chi è nato all’estero e non sa niente dell’Italia può avere la cittadinanza perché il suo trisavolo era friulano o calabrese. Invece ragazzi di origine cinese, somala, albanese che sono cresciuti qui, sulla carta sono considerati degli stranieri.
Una proposta bipartisan
La legge è anomala. Se ne sono accorti i parlamentari Andrea Sarubbi (Partito democratico) e Fabio Granata (Popolo della libertà), che stanno portando avanti un’iniziativa bipartisan sulle seconde generazioni.
Nel 2009 hanno presentato un testo che propone il passaggio dal principio dello ius sanguinis a quello dello ius soli, garantendo la cittadinanza ai figli di immigrati regolari che risiedono in Italia da cinque anni. “Stiamo cercando di portare i nuovi italiani al centro del dibattito politico”, spiega Sarubbi. “Nelle amministrazioni locali sono stati approvati degli ordini del giorno che propongono di dare la cittadinanza ai minori”.
Gli impedimenti non sono ideologici: purtroppo è solo una questione di convenienza politica. Intanto Queenia studia per laurearsi. Ma finita l’università, che scriverà sul permesso di soggiorno?
Igiaba Scego

Da Internazionale, anche on-line
http://www.internazionale.it/home/?p=19714#more-19714

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