I colori dell’anima – Modigliani - di Mick Davis 2005
Giudizio sintetico: da evitare (1/5)
Giudizio vernacolare: davisse, vabbene che un ni s'è voluto bene in vita a amideo, maddé armeno un firme decente...
Parigi 1919, la città è il rifugio degli artisti, e che artisti: Picasso, Utrillo, Stein, Rivera, Soutine, Cocteau; tra questi, anche Amedeo Modigliani, pittore orginalissimo, genio e sregolatezza. Ubriacone, sciupafemmine, attaccabrighe, fumatore accanito, consumatore di droghe, sempre senza un soldo, poco incline a svendersi o a chiedere favori. Il suo amore per Jeanne Hebuterne, che ispirerà gran parte dei suoi quadri, dal quale nascerà una figlia, complica ancor di più la situazione. Modì, affogato dai debiti, dall’odio del padre di Jeanne (Modì ebreo, la famiglia di Jeanne cattolica), dall’invidia di alcuni altri artisti, dai ricordi d’infanzia, consumato da una irrisolta tubercolosi e irretito dal tabacco e soprattutto dall’alcool, vive la sua vita come una corsa sul filo di un rasoio, risolvendola come si può immaginare, proprio nel momento del suo trionfo.
E’ davvero un peccato, e lo dico anche a livello personale, scoprire che l’artista livornese è stato ispirazione di un film tutto sommato brutto. Una pellicola infarcita di stereotipi, che caratterizza poco i co-protagonisti e che fa di Modì poco più che una macchietta. Si salva la fotografia e la ricostruzione della Parigi dell’epoca, bruttissima e inadatta la musica, cast da dimenticare, compreso Garcia che gigioneggia davvero troppo.
Fate conto che non esista.
Fate conto che non esista.
2 commenti:
il miglior commento vernacolare della breve storia dell'istituto :D
mi sto scaldando. spero di migliorare col tempo.
ad ogni modo, grazie!
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