Ben Harper & the Innocent Criminals - Firenze Palasport - 27/10/2003
Avendo seguito le quattro date italiane di Ben Harper, il mio parere è che quella fiorentina sia stata la migliore, anche grazie ad un pubblico caldissimo, che ha risparmiato critiche al mezzo sangue californiano, a differenza di come un qualsiasi occhio (sempre critico) potrebbe muovergli.
La realtà è che Harper è ormai una rockstar a livelli planetari, quindi da tale si muove (anche goffamente), cercando di equilibrare con la scaletta pezzi dell'ultimo "Diamonds On The Inside", successo mondiale ma debole tassello della sua discografia, e pezzi vecchi del suo repertorio "di culto".
La comunicazione è scarsa, e all'apparenza non più militante, se non nei testi delle vecchie canzoni, tra l'altro spesso riarrangiate con risultati alterni.
Rimane un artista che, partendo dal blues "duro e puro" degli esordi, fonde mirabilmente rock, gospel, reggae, soul, country-folk e, appunto, blues, in maniera sempre più disinvolta e libera da schemi. Il rischio è la deriva pop-rock, così lontana da (esempio) "When It's Good", ma così vicina in "Diamonds On The Inside" e "Brown Eyed Blues" (tanto per rimanere circoscritti agli estratti dall'ultimo lavoro). Viene l'amaro in bocca quando, nel primo bis acustico, Harper propone solo quattro pezzi (tre dei quali rispettivamente dal primo, secondo e terzo album) e, nonostante gli urletti irrispettosi di quella parte del pubblico egocentrica per un momento, e gli applausi a metà canzone, ci si accorge che la magia dell'uomo seduto con la chitarra sulle ginocchia esisterebbe ancora e potrebbe stregare intere folle, se solo lui lo volesse.
Rimane da capire, infatti, se lui lo vuole.
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