The Messenger - di Oren Moverman 2010
Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Giudizio vernacolare: ambasciator non porta pena - però dé, vesti reduci hanno un po' rotto 'r cazzo
Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Giudizio vernacolare: ambasciator non porta pena - però dé, vesti reduci hanno un po' rotto 'r cazzo
Il Sergente dell'esercito degli USA Will Montgomery è vicino al congedo. E' giovane, è stato in guerra, è stato decorato come un eroe, si sta recuperando fisicamente da alcune brutte ferite rimediate, appunto, in un'azione eroica. La sua (ex) fidanzata storica, Kelly, lo vuole incontrare di nuovo, la serata non è granché, ma a letto è un'altra cosa. Kelly si sta per sposare: non con Will, però.
Will è nel frattempo assegnato al servizio di notificazione dei decessi di commilitoni ai parenti, sotto la guida del Capitano Tony Stone, apparentemente un duro, dai modi spicci e bruschi, che si raccomanda soprattutto di attenersi scrupolosamente alle procedure.
I due in qualche modo si assomigliano, e forse per questo non si vanno molto a genio all'inizio. Le difficoltà psicologiche, comportamentali, le ripercussioni che questo tipo di lavoro ha sulle loro vite, e tutte le difficoltà inespresse dei due, li avvicineranno in maniera insospettabile.
Debutto interessante nei lungometraggi per l'israeliano espatriato negli States Moverman, co-autore della sceneggiatura di Io non sono qui, che pure per questo The Messenger è sceneggiatore insieme all'italiano, espatriato anch'esso, Alessandro Camon.
E' interessante perchè in pratica The Messenger è un film sulla guerra senza la guerra, o meglio ancora sulle conseguenze pratiche della guerra moderna. Le ferite della vita sono simili, sia per i reduci (Will), sia per chi in guerra non ci è mai stato (Tony), e chi rimane a casa porterà cicatrici ugualmente, per tutta l'esistenza, dopo che Tony e Will avranno compiuto il loro dovere, attenendosi (o meno) al mansionario.
In definitiva, la storia è esile, con un incedere lento ma non noioso, ripresa con mano sicura e delicata, e il regista chiede molto agli attori, che sono realmente pochi, ma buonissimi. Oltre ad Harrelson (Qui Tony Stone; sempre un grande. Nomination per lui, per questo film, nella categoria miglior attore non protagonista. E chi sarebbe il protagonista?) e Foster (Will; a parte diversi film tutto sommato dimenticabili, ce lo ricordiamo volentieri per il suo Russel Corwin in Six Feet Under), c'è Samantha Morton in una parte fondamentale (Olivia Pitterson), e Steve Buscemi (Dale Martin) che ha due scene, ma intensissime. C'è anche Jena Malone (era in Into The Wild, ed ha la caratteristica di somigliare vagamente a Jodie Foster, tanto è vero che da giovanissima ha interpretato Jodie da piccola in Contact), ma è tutto sommato meno importante.
Il film è candidato come detto per Woody Harrelson (actor in a supporting role), ma anche per la categoria miglior sceneggiatura originale (Moverman e Camon), ed è incoraggiante, visto che è un debutto.
Film quindi con sceneggiatura semplice ma non per questo poco impegnativo, retto da ottime prove recitative, che aggiunge una voce contro la guerra, senza urlare, ma andando dritto alle conseguenze. Non male.
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In uscita in Italia (pare) il 16 aprile.
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