Partiamo da una come al solito interessante e semplice intervista a Juan José Campanella su El País. Per chi ancora non lo sapesse, Campanella, argentino, è il vincitore dell'Oscar per il miglior film in lingua non inglese, El secreto de sus ojos.
Tanto per fare l'anti-italiano, come sempre, partirò dicendo che aspetto un'intervista come questa su un giornale italiano. Siamo sempre quelli che piangono per le sconfitte, e mai quelli che cercano di capire i motivi delle vittorie. Voglio dire, El País è un giornale spagnolo, e il film che ha vinto è argentino, e anche se molti in Sud America considerano la Spagna "Madre Patria", non è la stessa cosa.
A parte questo, alcuni concetti espressi sono interessanti, tralasciando che chi segue questo blog sa che sono un grande fan di Campanella. Traduco alcune parti.
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Domanda: Un Oscar risarcisce sconfitte anteriori (tra l'altro, Campanella era già stato nella cinquina finalista con El hijo de la novia, Il figlio della sposa, unico suo film distribuito in Italia).
Risposta: Meglio, implica una distinzione a vita, un enorme riconoscimento da parte delle persone che fanno il cinema più influente. Ed è un premio conosciuto in tutto il mondo.
Domanda: Questa categoria, quella del film di lingua non inglese, finisce per avere ogni anno candidati con maggiore qualità di quella per l'Oscar al miglior film.
Risposta: Credo che il livello del cinema è cresciuto in ogni luogo eccetto Hollywood. La concorrenza in questa categoria è enorme.
Domanda: Il cinema argentino ha avuto in questi ultimi anni un riscontro incredibile.
Risposta: In Argentina abbiamo fatto crescere un tipo di cinema sostenuto dal copione, non solo dalla forma. Un cinema che ha un obiettivo diverso da quello che cerca solo il climax sensoriale, quello che premia le sensazioni a dispetto della storia. Questo, magari, non è ben visto a Hollywood.
Domanda: Magari questa forma più classica ha fatto trionfare El secreto de sus ojos? Con tutto il rispetto verso il peruviano La teta asustada (Il canto di Paloma), nel suo film a nessuno fiorisce una patata nella vagina.
Risposta: Con tutto il rispetto, perchè io avrei votato il film di Claudia Llosa. Ma considero che la mia struttura sia più antica del cinema classico. Negli ultimi anni sono stato molto interessato alla musica. Ho letto il libro della storia che ha ispirato il mio film, e ho preferito enfatizzare la storia dell'amore frustrato applicandole la struttura di una sonata. La sonata è, ovviamente, anteriore al cinema. E a questo schema ho applicato molti elementi moderni. Non so perchè ho vinto l'Oscar.
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Detto questo, dirò due parole anche sulla vincitrice dell'Oscar come miglior film, Kathryn Bigelow con The Hurt Locker (che in tutto ne ha vinti ben 6). Sono uno che, a casa, tra i poster che tappezzano i muri, ho quello 100x140 di Strange Days, oserei dire il 2001: Odissea nello spazio della generazione degli odierni 40enni. Ecco, basterebbe questo per spiegare cosa ne penso. La Bigelow, grande regista d'azione, ha probabilmente toccato l'apice della sua carriera con quel film (Strange Days) ed il precedente Point Break. Adrenalina pura (i primi 5/10 minuti di Strange Days sono da urlo), in Strange Days unita ad una discreta genialità visionaria (la sceneggiatura, manco a farlo apposta, è, oltre che di Jay Cocks, di James Cameron).
The Hurt Locker non è altro che un mockumentary che spiega agli statunitensi come i "loro" ragazzi stanno facendo la guerra. Evidentemente, ancora non l'avevano capito.
Gli Oscar sono come dice Campanella: un riconoscimento conosciuto in tutto il mondo, non certo il più intellettuale, sicuramente il più famoso (ricordiamo inoltre che La teta asustada ha vinto l'Orso d'Oro a Berlino, per dirne una). Bisogna sempre prenderlo con le molle: mi saltano agli occhi le categorie delle migliori sceneggiature, ad esempio. In quella della miglior sceneggiatura non originale ha vinto Precious, ma nella cinquina c'era un gioiello di satira politica come In The Loop. In quella per la miglior sceneggiatura originale ha vinto (ancora) The Hurt Locker, ma nella cinquina c'era The Messenger, che raccontava della guerra senza mostrarla, senza spettacolarizzarla, solo raccontandone le macabre conseguenze. Senza contare che, sempre tra i cinque nominati, c'era la sceneggiatura geniale di un film come A Serious Man.
C'è di che riflettere. Sempre non avendo nulla da fare.
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Nella foto, il regista e il cast de El secreto de sus ojos.
2 commenti:
Yo estoy en Brasil. Acá la gente no hace más que ignorar el Oscar a un film argentino. Hablan de los vestidos, del fracaso de Avatar, pero porquísimo de El Secreto. Aparte hacen un montón de comentarios envidiosos.
bueno, es como entre nosotros y Francia. más o menos :))
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