No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20090830

non ci posso credere


Havoc - Fuori controllo - di Barbara Kopple 2007


Giudizio sintetico: ridicolo


Allison vive a Pacific Palisades, una Los Angeles dei quartieri piuttosto alti, da una famiglia mediamente facoltosa perennemente in crisi ma civilmente. Fa parte di quella gioventù che ha talmente tutto che si annoia: addirittura i suoi amici di High School, ovviamente tutti regolarmente bianchi e ricchi, si divertono a fare i gangsta-rapper senza avere nessunissima possibilità di risultare credibili. Ma Allison, che dovrebbe essere intelligente perchè snobba i genitori nonostante i loro patetici tentativi di far funzionare le cose a forza di loft vista oceano, Mercedes e BMW extra-lusso e frigoriferi che paiono armadi quattro stagioni sopra le cui ante sono affisse le regole da ricordare per essere civili e tornare ad essere una famiglia, si annoia lo stesso, e insieme alla fedelissima Emily inizia a ronzare attorno alla gang della sedicesima strada della East Los Angeles, capitanata da Hector e formata interamente da ispanici (che non si capisce perchè non le abbiano massacrate la prima volta che le hanno viste, o al massimo la seconda), al punto che una sera nella quale, come le altre, dopo ettolitri di super-alcolici e massiccie dosi di qualsiasi tipo di droga (che, nello specifico, alterano tutti in maniera minima), chiedono di sottoporsi al rito di iniziazione per entrate nella gang. Il tutto proseguirà seguendo una sceneggiatura impresentabile, perennemente in bilico tra il ridicolo e il macchiettistico.


Un film del genere non meriterebbe nessun commento, ma è giusto mettervi in guardia se, per sbaglio, doveste imbattervi in una sala che lo proietta (sempre per sbaglio) o in una copia del dvd, o addirittura nel caso ne scaricaste una copia perchè qualche burlone lo ha rinominato sul web in modo da giocarvi uno scherzetto. Distribuito ovviamente sulla scia del successo (inspiegabile anche questo) di Il Diavolo veste Prada (anche se Havoc è precedente) e la conseguente notorietà di Anne Hathaway, il film della documentarista Barbara Kopple, sceneggiato da Stephen Gaghan (non è quello dei Depeche Mode), che evidentemente è bravo solo a trascrivere (per Syriana si è ispirato al libro di Robert Baer See No Evil: The True Story of a Ground Soldier in the CIA's War on Terrorism, mentre per Traffic si è basato (e fatto aiutare) da Simon Moore e la sua miniserie tv Traffik, e coadiuvato in parte nella sceneggiatura da Jessica Kaplan, morta nel frattempo e alla quale è dedicato il film, è talmente stereotipato e pieno di luoghi comuni da risultare metacinematografico: sembra tutto talmente finto che risulta disturbante (in modo non positivo). I personaggi sono inverosimili e si comportano in modi inspiegabili anche per malati di mente. Le recitazioni sono al limite del macchiettistico, la colonna sonora usata senza senso, le svolte della sceneggiatura non hanno ragione di esserci. Fastidioso e plastificato. Pensare che c'è anche Joseph Gordon-Levitt, che avevamo ammirato in Mysterious Skin: ma lì c'era un altro manico...

4 commenti:

Anonimo ha detto...

MMMMM! Sembra veramente marcio!:-)

Anonimo ha detto...

molto intiresno, grazie

Anonimo ha detto...

imparato molto

Anonimo ha detto...

good start