No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.
20080601
la dolce vita degli islandesi 6
Ma c'è anche il rovescio della medaglia. La crisi economica.
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La stabilità non basta
L’Islanda potrebbe essere il primo paese vittima
della crisi dei mutui. Il suo sistema bancario è
troppo dipendente dai capitali stranieri
JAMES SUROWIECKI, THE NEW YORKER, STATI UNITI
Ormai è evidente. Le principali vittime del crollo dei mutui subprime sono stati i mediatori troppo avidi, i fondi speculativi (hedge funds) eccessivamente indebitati, le banche e le società
di brokeraggio irresponsabili, chi ha comprato casa in modo imprudente, e così via. Ma la crisi sta creando problemi anche alle economie che a prima vista non hanno nulla a che vedere con il
prezzo delle case di Miami. Per esempio quella islandese. Fino a ieri per gli statunitensi
l’Islanda era un paese sperduto con una brillante vita culturale e condizioni sociali eccezionali. Oggi, invece, per motivi diversi, è uno dei principali argomenti di discussione nel mondo della inanza: secondo molti analisti potrebbe essere la prima nazione vittima della stretta creditizia. Nell’ultimo decennio l’economia del paese ha vissuto una fase di sviluppo fenomenale: il tasso di crescita annuale è stato superiore di quasi il 4 per cento a quello del decennio precedente e il prodotto interno lordo pro-capite ha sorpassato quello degli Stati Uniti. Ma nei mesi scorsi le cose sono cambiate. Nonostante la moneta locale, la corona, si sia svalutata del 22 per cento rispetto all’euro, l’economia non è cresciuta e un’agenzia di rating internazionale ha lanciato l’allarme sulla tenuta delle tre principali banche del paese. Il risultato è che oggi gli analisti si chiedono se la tigre del nord non finirà per diventare “la Bear Stearns dell’Atlantico settentrionale”.
Perché l’Islanda è così nei guai? Le sue banche non hanno giocato con i titoli senza valore che hanno portato alla rovina la Bear Stearns e altri istituti di credito. Anzi, hanno prudentemente
evitato il mercato dei subprime. A mettere nei guai il paese è stato il fatto che le sue banche, e quindi il suo miracolo economico, dipendono essenzialmente dai capitali stranieri. Viste le solide basi economiche dell’Islanda, in una situazione normale questa dipendenza non avrebbe creato grossi problemi. Ma quella di oggi non è una situazione normale. Con la crisi dei subprime gli investitori si sono accorti di aver sottovalutato il rischio di prestare soldi a debitori inaffidabili: la conseguenza è stata una stretta creditizia a tutti i livelli. Gli investitori sono diventati molto più prudenti, e anche le istituzioni apparentemente più solide hanno dificoltà a ottenere dei prestiti. La crisi dei subprime è stata un terremoto che ha provocato uno tsunami: il terremoto ha già fatto parecchi danni, ma lo tsunami ne farà ancora di più.
Foto tratta da qui
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