Generazione 1000 euro - di Massimo Venier 2009
Giudizio sintetico: si può perdere
Milano, oggi. Matteo viene dalla provincia, è laureato ed è un genietto della matematica (tiene gratuitamente delle lezioni per conto del suo ex professore), ma è costretto a lavorare nel marketing di una società di telecomunicazioni da precario con 1000 euro al mese. Valentina, la sua fidanzata, è medico tirocinante, non si vedono mai a causa dei turni stressanti di lei e degli orari assurdi di lui, e la passione si affievolisce. Lei lo lascia. Nel frattempo, uno dei due co-inquilini di Matteo lascia la casa e il debito della sua parte di affitto e bollette. L'altro co-inquilino è Francesco, altro laureato che tira avanti facendo il proiezionista in un cinema poco frequentato, e cerca nonostante tutto di tirare su il morale di Matteo. Irrompono nella storia due donne. Angelica è una collega di Matteo, si conoscono sul tetto dell'edificio dove lavorano, l'unico posto dove si può fumare; con lei inizia a confidarsi, finchè Angelica si rivela ben più di una collega. L'altra è Beatrice, che si sostituisce al co-inquilino fuggito, anche lei laureata, anche lei precaria, ma fortemente idealista e di gran carattere: ama insegnare, vuol fare l'insegnante, e nemmeno la precarietà le farà cambiare idea.
Generazione 1000 euro è un po' un'occasione sprecata. Se i film "di riferimento", come si nota leggendo le critiche, sono Santa Maradona e Tutta la vita davanti, la sfida è persa. Più onirico e con un ritmo decisamente più serrato il primo, più concreto e decisamente migliore a livello di commedia amara il secondo. Venier, che ha tentato un paio di anni fa di svincolarsi dalla joint venture con Aldo, Giovanni e Giacomo (è il regista di quasi tutti i loro film), passando però ad una ulteriori coppia di comici che passavano al cinema (Mi fido di te con Ale & Franz), è un onesto mestierante che, più che aspirare alla vecchia e gloriosa commedia all'italiana, al massimo può ambire a, appunto, trasporre il cabaret al cinema. L'occasione sprecata è quindi quella del film sui precari che, alla fine, si rivela una commediola dove si fa qualche risata ma dove la deriva sentimentale, che prende il sopravvento nella seconda parte, fa decisamente perdere le speranze di poter assistere ad un film che, oltre a far sorridere, possa far riflettere un minimo.
Gli attori, adesso. Molto meglio le protagoniste femminili, senz'altro, prima di tutto. La Inaudi (Valentina), che mi era piaciuta moltissimo nel suo debutto qualche anno fa con Dopo mezzanotte, che si è "conservata" scegliendo buoni e piccoli film in seguito, salvo poi perdersi un po' con la fiction televisiva (Distretto di polizia, Tutti pazzi per amore), si vede poco, ma è sempre in gamba; convince, anche se di poco, più la Lodovini (Beatrice) della Crescentini (Angelica), anche se la seconda ha una bellezza più internazionale e meno mediterranea. Da notare che con altri registi hanno dimostrato di poter rendere meglio. I maschietti sono al limite della sufficienza. Mandelli (Francesco) ha bei tempi comici, ma quando si alzano i toni diventa grottesco: si veda la scena del litigio in casa. Tiberi pare bravino, ma in pratica conserva il carattere del suo personaggio nella serie Boris: vorremmo quindi vederlo all'opera con un personaggio differente, per giudicarlo meglio.
Cameo di Paolo Villaggio, che in pratica fa se stesso, ma, fateci caso, recita con un accento diverso dal suo, cosa che non riescono a fare gli "attor giovani" che compongono il cast.
Colonna sonora attuale e anche un po' ruffiana. Non tutto da buttare, ma c'è da lavorare parecchio.
Nessun commento:
Posta un commento