Mondo Cane - Mike Patton (2010)
Secondo me, quelli che raccontano della simpatia di Michael Allan Patton mentono. A me ha sempre dato l'impressione di uno di quelli davvero antipatici, uno di quelli che da tanto sono bravi e lo sanno, possono solo essere antipatici.
A parte le chiacchiere, questo Mondo Cane, uscito a maggio per la (sua) Ipecac, è l'ennesima dimostrazione che nonostante abbia divorziato dalla moglie italiana, l'Italia lo ha affascinato anche per cose apparentemente meno artistiche.
Registrazione che è un seguito ai tre concerti del 2007, suonata con un'orchestra di 65 elementi, atmosfera impeccabile ed ariosa, Patton, che non ha più bisogno di dimostrare le sue qualità, lascia comunque sorpresi per la padronanza della voce anche confrontandosi con (tutto sommato) canzonette, seppure la scelta sia curiosa, variegata ed interessante. L'unica cosa che, a lungo andare, lascia un po' straniti, è la pronuncia (molto) americana dell'italiano, che pur Patton conosce piuttosto bene, da quanto risulta. Non è che siamo a Sanremo quando si cantava a coppie con gli artisti stranieri: per un pezzo va bene ascoltare "ciuciu quant" (tutto quanto), ma ascoltarlo per undici pezzi genera un effetto vagamente ridicolo.
Mike non si fa mancare niente: da Il cielo in una stanza (per inciso, "la canzone" dei miei genitori) a Scalinatella (di Roberto Murolo, e qui, alle prese col napoletano, davvero l'effetto ridicolo della pronuncia fa sorridere, ma in fondo Dean Martin era quasi peggio), da Senza fine a L'uomo che non sapeva amare (Nico Fidenco), da Che notte! di Buscaglione a cose molto meno conosciute come Urlo negro (l'originale era L'urlo negro) dei The Blackmen, queste due probabilmente le cose migliori del disco, e molte altre cosette gustose, che potrete scoprire ascoltandolo.
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