Romanzo criminale – di Michele Placido (2005)
Giudizio sintetico: si può vedere (2,5/5)
Giudizio vernacolare: è propio ir caso di di': in che stato siamo dé...
Tra la seconda metà degli anni ’70 e gli inizi dei ’90, la cosiddetta “banda della Magliana” (per chi non lo sapesse, un quartiere di Roma) “dominò” la scena malavitosa italiana. Ogni malavitoso che si rispetti (?!) ha un soprannome, per cui le tre menti di questa banda furono conosciute come il Libanese, il Freddo e il Dandi, e, in pratica, si passarono lo scettro durante gli anni, nell’ordine descritto. Si parte dall’adolescenza, dalla formazione di un’amicizia inscindibile, si passa per la galera, obbligatoriamente, si finiscono i furtarelli e le piccole cose, si passa alle grandi imprese con un rapimento, invece di godersi i frutti si crea una specie di società a delinquere, si passa alla spietata conquista di Roma, si creano le alleanze con la malavita organizzata del Sud Italia, si creano collusioni con i Servizi Segreti deviati, in un momento particolarmente caldo per l’Italia stessa.
Ci sono, immancabili, le passioni e i grandi amori, le vendette, tanto sangue, le capitolazioni, le fughe, le commistioni. Finirà come di solito finiscono queste storie. A pistolettate e con il grosso della verità insabbiato.
Parallelamente, seguiamo il “cacciatore” di una vita: il commissario Scialoja.
Ci sono, immancabili, le passioni e i grandi amori, le vendette, tanto sangue, le capitolazioni, le fughe, le commistioni. Finirà come di solito finiscono queste storie. A pistolettate e con il grosso della verità insabbiato.
Parallelamente, seguiamo il “cacciatore” di una vita: il commissario Scialoja.
Tratto da un romanzo di buon successo, l’omonimo “Romanzo criminale” di Giancarlo de Cataldo, che è anche co-sceneggiatore, Michele Placido mette in scena un’opera ambiziosa e di ampio respiro, con qualche difetto e una presa di posizione piuttosto marcata, forse troppo, ma rispettabile, come nella tradizione dei grandi film di questo genere, che ultimamente anche in Italia riescono ad emergere (pensiamo a “La meglio gioventù” ma anche ai diversi film sul caso Moro, caso che ritorna anche qui).
Ognuno, come è giusto che sia, si farà la sua opinione su questo lavoro, c’è chi rimarrà coinvolto e perfino riuscirà a simpatizzare per i malavitosi, chi troverà il tutto un po’ troppo indulgente verso personaggi che, veramente, hanno sparso sangue per la penisola, chi si concentrerà sulle ipotesi che la sceneggiatura mette sul piatto, quelle di intrecci con lo “Stato parallelo”, con il caso Moro e la strage di Bologna.
L’importante è che si veda, questo film, perché porta la voce e i sospetti di molti su un grande schermo, e poi se ne discuta con distacco o con passione, ma se ne discuta.
Certo, nelle mani di altri registi, una storia come questa avrebbe assunto altre dimensioni, probabilmente troppo “americane”. Forse è giusto che rimanga così. Del resto, è una storia italiana. E, a proposito di italianità confrontata all’americanizzazione, visto il ritmo non altissimo, forse qualche minuto in meno sarebbe stato ben accetto.
Nel cast spiccano, a mio giudizio, su tutti un bravissimo Kim Rossi Stuart nei panni del Freddo. A ruota Pierfrancesco Favino, il Libanese. Accorsi meglio che nelle ultime deludenti prove, ma sicuramente sotto questi citati prima. Conturbante come sempre Anna Mouglalis.
Non è un capolavoro, ma è sicuramente un film interessante.
Ognuno, come è giusto che sia, si farà la sua opinione su questo lavoro, c’è chi rimarrà coinvolto e perfino riuscirà a simpatizzare per i malavitosi, chi troverà il tutto un po’ troppo indulgente verso personaggi che, veramente, hanno sparso sangue per la penisola, chi si concentrerà sulle ipotesi che la sceneggiatura mette sul piatto, quelle di intrecci con lo “Stato parallelo”, con il caso Moro e la strage di Bologna.
L’importante è che si veda, questo film, perché porta la voce e i sospetti di molti su un grande schermo, e poi se ne discuta con distacco o con passione, ma se ne discuta.
Certo, nelle mani di altri registi, una storia come questa avrebbe assunto altre dimensioni, probabilmente troppo “americane”. Forse è giusto che rimanga così. Del resto, è una storia italiana. E, a proposito di italianità confrontata all’americanizzazione, visto il ritmo non altissimo, forse qualche minuto in meno sarebbe stato ben accetto.
Nel cast spiccano, a mio giudizio, su tutti un bravissimo Kim Rossi Stuart nei panni del Freddo. A ruota Pierfrancesco Favino, il Libanese. Accorsi meglio che nelle ultime deludenti prove, ma sicuramente sotto questi citati prima. Conturbante come sempre Anna Mouglalis.
Non è un capolavoro, ma è sicuramente un film interessante.
1 commento:
rivisto proprio l'altra sera, quoterei tutto e alzerei anche di mezzo voto.
Peccato per Accorsi e Scamarcio, davvero non li reggo.
Ho visto qualche puntata della serie, che mi dicono molto ben fatta, e non mi è dispiaciuta.
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