Gianni e le donne - di Gianni Di Gregorio (2011)
Giudizio sintetico: si può perdere (2/5)
Giudizio vernacolare: storia d'un mezz'omo
Roma oggi. Gianni è un baby pensionato annoiato. Sua moglie lavora, e gli lascia commissioni spicciole da fare, sua figlia lo adora ma è in pena perché vorrebbe lasciare il fidanzato ma non sa mai trovare il momento. Nel frattempo, questo fidanzato si è installato in casa loro, e Gianni lo tratta come un figlio. Soprattutto, Gianni è alla mercé della madre, ultranovantenne, nobile decaduta a livello finanziario, ma che conserva le stesse abitudini di quando era ricca, vivendo nella villa alle porte della capitale, giocando a carte con le amiche, offrendo spuntini che sfamerebbero un battaglione, e bottiglie di champagne costose, facendosi assistere da una badante polacca 24 ore al giorno, ma chiamando il figlio in continuazione per qualsiasi banalità, spacciandola come urgentissima.
L'amico avvocato Alfonso, lo stuzzica, vedendolo appassire, sul versante sentimental-sessuale: gli dimostra che tutti quelli come lui, hanno l'amante. Non credendoci, ma arrendendosi poi all'evidenza, Gianni ingaggia allora una personale lotta per sentirsi di nuovo vivo, attraverso la ricerca di almeno un'avventura galante, con una donna che non sia sua moglie.
Altra grande, grandissima delusione, questo secondo lungometraggio di Gianni Di Gregorio, che mi aveva colpito moltissimo due anni e mezzo fa, con il suo folgorante debutto Pranzo di Ferragosto.
Il protagonista, ancora interpretato da lui stesso, è in pratica lo stesso Gianni del film precedente, con l'unica differenza che in questo ha una famiglia sua, e la madre (ancora la stessa spettacolare Valeria De Franciscis, classe 1915, scoperta proprio da Di Gregorio e "lanciata" col film precedente) possiede ancora qualcosa.
Ma questa volta c'è qualcosa che non funziona, e nonostante le buone intenzioni, e la durata snella (un'ora e mezzo), ci si annoia pure e i 90 minuti sembrano almeno due ore. Le buone intenzioni sono quelle con cui il regista, che firma la sceneggiatura insieme a Valerio Attanasio, prova a sviscerare le problematiche dell'uomo davanti all'invecchiamento, alla decadenza del corpo in confronto al desiderio sessuale, al senso di inutilità e di "trasparenza" rispetto alle altre persone, alla noia del nullafacente, al complicato rapporto con le donne a tutte le età.
Sono, forse, argomenti che andrebbero affrontati con un po' di semplicità in meno. La leggerezza che si evince da questo lavoro, e che era il punto di forza del lavoro precedente, si rivela inadatta in questo caso.
Si apprezzano ancora la poeticità dello sguardo verso una Roma non spettacolare, ma sempre bella, ma lo schema un po' ripetitivo del film lo fa sembrare, come detto poc'anzi, più lungo di quel che è in realtà, e piuttosto noioso, nonostante le recitazioni molto spontanee, come sempre (a volte un po' troppo, si nota qua e là che molti attori non sono professionisti).
Il punto si coglie, ma il film non riesce a trasmettere emozioni forti, o divertimento che vada più in là di qualche sorriso distribuito in alcuni momenti simpatici.
Peccato.
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