Saint Ange – di Pascal Laugier (2005)
Giudizio sintetico: si può perdere (2/5)
Giudizio vernacolare: però leilì è bona eh
Francia, 1958, Anna fa la ‘’serva’’ (fa le pulizie), ed è costretta da un ‘’incidente’’ (rimane incinta, evidentemente del padrone di casa) a trasferirsi e ad andare a lavorare nell’orfanotrofio di Saint Ange, sulle Alpi. L’orfanotrofio sta chiudendo, per mancanza di fondi e in seguito anche a fatti poco chiari accadutivi. Anna rimane con Helenka, l’anziana donna delle pulizie, e Judith, orfana instabile ormai cresciuta e rimasta a Saint Ange, visto che nessuna famiglia l’avrebbe mai adottata. Anna, mentre la gravidanza si fa sempre più faticosa, comincia a sentire delle presenze bambinesche, e diversi fatti le confermano che alcuni bambini sono stati in qualche maniera occultati nel passato. La sua ricerca si fa affannosa man mano che la gravidanza si avvicina al termine.
Debutto nella regia del francese Laugier, che nonostante questo si può avvalere della star (non solo in Francia) Ledoyen (Anna), brava, attrice che tra l’altro, gli concede un paio di scene di nudo integrale.
La mano non è male, alcuni spunti sono buoni (registicamente; inquadrature, tagli delle scene), ma la sceneggiatura fa acqua da tutte le parti (anche la sceneggiatura è di Laugier), e l’atmosfera, nonostante possa inquietare qualche spettatore meno preparato, non è granché. La risoluzione del mistero è raffazzonata e poco plausibile, la sovrapposizione tra logico e illogico lascia un senso di incompiutezza e approssimazione.
La mano non è male, alcuni spunti sono buoni (registicamente; inquadrature, tagli delle scene), ma la sceneggiatura fa acqua da tutte le parti (anche la sceneggiatura è di Laugier), e l’atmosfera, nonostante possa inquietare qualche spettatore meno preparato, non è granché. La risoluzione del mistero è raffazzonata e poco plausibile, la sovrapposizione tra logico e illogico lascia un senso di incompiutezza e approssimazione.
Noioso.
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