Lo scafandro e la farfalla - di Julian Schnabel 2008
Giudizio sintetico: da vedere
Jean-Dominique Bauby fu giornalista, scrittore e soprattutto redattore capo di Elle Francia. A 43 anni, colpito da un ictus, rimase per 20 giorni in coma e si risvegliò colpito da una cosiddetta locked-in syndrome: uno stato vegetativo nel quale il corpo è completamente paralizzato ma la mente è perfettamente vigile. Potendo muovere solo l'occhio destro, aiutato dallo staff medico che lo seguiva, riuscì a comunicare con gli altri ed a scrivere la sua autobiografia dal titolo Le scaphandre et le papillon, rappresentando con lo scafandro il suo corpo che imprigionava la farfalla, che era la rappresentazione della sua mente, dotata di un'immaginazione ancora fervida e viva.
Julian Schnabel, pittore, ha il vezzo del cinema. Sarà pure antipatico, come dicono i bene informati (che, evidentemente, lo conoscono), ma ci sa fare. Il primo film da lui diretto fu Basquiat, ed era interessante ma aveva dei difetti. Il secondo, Prima che sia notte, colpì nel segno e ci piacque parecchio. E' ormai conclamato che predilige le biografie, ma le tratta in maniera particolare ed osa. Osa molto, cosa che a chi vi scrive piace.
Davanti a questo film penserete a Mare dentro, ma al rovescio. Ed è giusto il suggerimento che dà cinematografo.it, che si pensa pure a Il mio piede sinistro: anche lì, il protagonista era quasi completamente paralizzato ad eccezione del piede sinistro, col quale dipinse.
Schnabel gira una buona parte del film scegliendo la soggettiva dell'occhio sinistro del protagonista (e qui dire protagonista apre una parentesi: non è che Mathieu Amarlic, che interpreta Bauby, sia costantemente sullo schermo), e quindi si diverte ad usare la camera fissa, sfuocando i lati dell'immagine, mandando "gli altri" fuori schermo, usando molto la voce fuori campo, che poi è la voce di Bauby/Amarlic che gli altri non possono udire, dando così un'ulteriore forza alla disperazione del personaggio costretto dentro lo scafandro. Sarebbe stato interessante udire la voce di Amarlic, ma qui torniamo a vecchie diatribe.
E insomma, così facendo ed usando un bel po' di flashback necessari per inquadrare e descrivere il personaggio, arriva dritto al cuore senza abusare di retorica e pietismo, conservando anche una buona dose di ironia amara. Metteteci una colonna sonora di grande effetto (ben due brani di Tom Waits, tra gli altri), ed un cast che recita alla grande senza mai andare sopra le righe, per non dire di Amarlic che riesce ad essere bravissimo soprattutto con un occhio solo, avrete servito un ottimo film che non cerca la lacrima facile, lambisce la poesia e regala belle immagini, anche oniriche, senza esagerazioni e senza facili giudizi o schieramenti. Cameo brevissimo di Lenny Kravitz. Straziante la scena della telefonata del padre (Max Von Sydow).
Andatelo a vedere.
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