No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20080206

die falscher


Il falsario - Operazione Bernhard - di Stefan Ruzowitzky 2008


Giudizio sintetico: si può vedere


La vera storia di Solomon "Sally" Sorowitsch, forse il "falsario più bravo del mondo", ebreo russo, internato durante la Seconda Guerra Mondiale a Mauthausen dopo l'arresto da parte dell'ufficiale delle SS Friedrich Herzog, poi trasferito a Sachsenhausen dove, insieme ad una piccola "squadra" di stampatori e tipografi, e agli ordini di Herzog, venne costretto a prendere parte alla cosiddetta Operazione Bernhard (dal cognome del comandante omonimo), che intendeva falsificare milioni di sterline e dollari per mettere in ginocchio le economie inglesi e statunitensi per un ultimo disperato tentativo nazista di vincere la guerra. Tratto dal libro The Devil's Workshop (inedito in Italia) di Adolf Burger, un altro ebreo slovacco che, lo vedrete nel film interpretato da August Diehl, fece parte di quel "reparto speciale".


Interessante questo film dell'austriaco Ruzowitzky, che racconta una storia poco conosciuta. Fotografia virata verso il grigio, camera costantemente a mano, il film cerca senza sensazionalismi e scene truci di raccontare, senza prendere posizione ma descrivendoli meglio possibile, gli interrogativi etici di alcuni ebrei "privilegiati" all'interno di uno dei tanti campi di concentramento nazisti, quindi posti in una condizione astratta di relativo benessere nel mezzo di un massacro indegno. In effetti, nonostante la parte del protagonista, interpretato dall'ottimo Karl Markovics, sia onnipresente e segni in maniera indelebile questo lavoro, l'essenza della storia sta nel personaggio di Burger, che fa da coscienza etica dell'apparentemente impermeabile Sally. Ed in fondo è giusto così, visto che lo stesso Burger oltre ad aver scritto il libro di cui sopra, a 90 anni suonati continua a girare il mondo per testimoniare l'olocausto.

Il regista, se escludiamo il vezzo, in questo caso un po' abusato, della camera a mano, fa un ottimo lavoro portando lo spettatore sempre nel vivo delle scene, ma anche scrivendo una sceneggiatura, supervisionata da Burger, che parte da un Sally salvo a guerra finita, e tramite un lunghissimo flashback racconta la sua lenta presa di coscienza, attraverso un ulteriore espediente. Forse, la regia appunto presente ma non invasiva, è il pregio ed il limite del film stesso, che non permette sino in fondo una completa immedesimazione allo spettatore, che rimane tale e assiste un po' freddamente ad una serie di vicende, al contrario, dolorosissime e dure in maniera inverosimile. Ottima anche tutta una serie di paradossi dei personaggi a margine, molti dei quali sulle spalle del burattinaio Herzog. Più che buona la prova recitativa dell'intero cast.


Un film che forse viene premiato in maniera eccessiva, essendo nella cinquina degli Oscar per il miglior film straniero (ma ancora dobbiamo vedere gli altri quattro), ma che come detto in apertura è senza dubbio molto interessante sia dal punto di vista strettamente storico, sia da quello etico/umano per gli interrogativi che pone.

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