Paolo Benvegnù + La fame di Camilla, sabato 2 aprile 2011, Firenze, Viper theatre
Lezioni d'italiano si intitola il ciclo di serate/concerti che vede succedersi sul palco del Viper gli artisti e le band italiane più interessanti, attualmente in tour; lezione di concerto, o di stile, si potrebbe intitolare questa serata, che ha come attrazione principale Paolo Benvegnù e la sua band.
Ottima l'affluenza di pubblico, aprono i pugliesi La fame di Camilla, che per me sono una novità, e seppure il loro genere, un indie-pop soffice che richiama un po' la scena britannica, non sia propriamente il mio favorito, si fanno apprezzare. Sono in quattro, formazione classica, basso batteria e due chitarre, dove uno dei due chitarristi canta pure, e, curiosità non da poco, si chiama Ermal ed è albanese di nascita. Nel repertorio dei ragazzi, infatti, anche un pezzo in albanese, Ne doren tende (nel palmo della tua mano), ed un altro che si intitola 28-03-97, data della tragedia della Kater I Rades, il barcone carico di immigrati albanesi che affondò in seguito allo scontro con una nave militare italiana.
Lezioni, si diceva. Il concerto di Benvegnù e i suoi si può schematicamente riassumere così: esecuzione del nuovo disco Hermann nell'esatto ordine della tracklist, da Il pianeta perfetto a L'invasore (dove naturalmente il batterista Andrea Franchi rimane da solo sul palco, canta ed imbraccia la chitarra), dopo di che la band rientra per i bis, che naturalmente sono sei pezzi irrinunciabili, due dei quali degli Scisma: Troppo poco intelligente e Rosemary Plexiglas, oltre a La schiena, Il mare verticale, Io e il mio amore e Cerchi nell'acqua.
Lasciando per un momento da parte la bellezza di ognuno dei pezzi che Benvegnù ha scritto nella sua carriera, compreso quelli con gli Scisma, la lezione di stasera viene da un paio di fatti a mio giudizio salienti. Il primo è che, evidentemente, Paolo e i suoi considerando Hermann una sorta di concept sull'essere umano e la sua evoluzione, dalla conquista delle terre allo "sviluppo" dei sentimenti, lo eseguono in ordine. Il secondo è che, mia personale convinzione, non per questo sposata da tutti gli appassionati di musica in generale, si va ad un concerto per avere qualcosa che sul disco non c'è: i concerti dove la band o l'artista in questione ripropone pedissequamente la versione dei suoi pezzi da studio, e la traspone esattamente sul palco, non mi piacciono molto.
Ecco allora la seconda lezione di Paolo Benvegnù e la sua band, tra parentesi, rodata fin nei minimi particolari: ogni pezzo è diverso, ha qualcosa di differente dalla sua versione su disco. Quindi, mentre sullo schermo posto dietro al palco scorrono immagini e scritte inerenti in qualche maniera al contenuto dei testi, le versioni dei pezzi di Hermann, se pur nuove di pacca, hanno piccoli mutamenti, mentre nei bis i pezzi vecchi sono praticamente stravolti. E poco importa se, come succede per Rosemary Plexiglas, l'arrangiamento e la versione proposta proprio non mi piace: Il mare verticale e Io e il mio amore sono spettacolari. Senza contare la superba prova sui pezzi nuovi.
Da sottolineare che, durante l'esecuzione, appunto, di Hermann, Benvegnù non si lascia troppo andare a dialoghi col pubblico, piuttosto numeroso come detto in apertura, mentre invece sbraga decisamente (in maniera simpatica, sia chiaro) durante i bis.
Bravi tutti.
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