Cold Souls - di Sophie Bartes (2009)
Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Giudizio vernacolare: un è un'ideaccia...
New York. Paul Giamatti è un attore di cinema e teatro mediamente conosciuto; sta lavorando ad una messa in scena di Zio Vanya di Checov, ma si rende conto di avere dei seri problemi con la recitazione. Si immedesima troppo nei personaggi, fatica ad uscirne, se li porta dietro nella vita privata, e tutto ciò innesca una reazione a catena, che lo fa recitare non al suo meglio quando deve provare, o andare in scena. E' tormentato, nonostante la sua vita sia tutto sommato soddisfacente, e sua moglie Claire gli voglia bene. Soffrendo pure d'insonnia, si ritrova, sveglio di notte, a leggere un articolo su The New Yorker, a proposito di una procedura di immagazzinamento di anime. Stenta a crederci, e si reca però presso la società di cui parla l'articolo, per un consulto. Il Dr. Flintstein gli spiega che l'anima si può estrarre, tramite una avanzatissima procedura, e stoccare presso la clinica, oppure in un magazzino nel New Jersey. Visti i "sintomi", Flintstein consiglia caldamente l'estrazione a Giamatti, e ritiene che la cosa lo svuoterà da ogni tipo di preoccupazione. Dopo un'iniziale titubanza, Paul acconsente, si fa estrarre l'anima, e rimane sbigottito quando si rende conto che ha la consistenza di un cece. Molto più leggero, torna a condurre la sua vita, ma si rende conto di essere realmente vuoto: le prove di Zio Vanya vanno di male in peggio, la sua interpretazione è piatta ed insensibile, ed inizia ad avere problemi con sua moglie. Torna da Flintstein, e si fa convincere a farsi impiantare un'altra anima, non la sua. A sentire il dottore, è l'anima di un poeta russo. L'anima in questione funziona perfettamente per Zio Vanya, ma nella vita privata Paul diventa di una sensibilità estrema. La cosa lo turba ancora di più.
Parallelamente, lo spettatore conosce la verità: l'anima che Paul ha affittato è di una donna russa, dall'animo sensibile si, ma semplice operaia in una fabbrica tessile, e non poetessa, che ha affittato l'anima ad una società piuttosto losca, che opera con base a San Pietroburgo, e per la quale l'altra protagonista della storia, la russa Nina, lavora, facendo la spola tra la Russia e New York...
Debutto decisamente promettente, per la regista (ma anche sceneggiatrice) francese di nascita, ma cresciuta in giro per il mondo. Leggo che molte delle critiche che sono state rivolte a questo film gli addebitano una esagerata somiglianza con Essere John Malkovich, ma ce ne fossero di film così in giro. Tanto è vero che Cold Souls ha avuto una pessima distribuzione, in non molti paesi, e naturalmente non è uscito in Italia. Perfettamente in equilibrio tra situazione assurda e dramma esistenziale, ma pure metafora, Cold Souls si avvale pure di un cast da urlo, per gli appassionati di cinema di un certo livello. Paul Giamatti, nei panni di un se stesso tremendamente insicuro e perennemente turbato, sarebbe già una garanzia, ma tutto intorno ci sono attori super: Emily Watson è la moglie Claire, David Strathairn è il Dr. Flintstein, e, in una piccola parte, quella di Stephanie, la segretaria di Flintstein, c'è la splendida Lauren Ambrose, la mai dimenticata (da me) Claire di Six Feet Under. Anche la poco conosciuta Dina Korzun, nella parte di Nina, è molto brava.
La fotografia è buona, e la regia si destreggia bene nell'asetticità dello studio dove si estraggono anime, nella paradossale San Pietroburgo (tra solennità antica e povertà recente), così come riesce a restituire un senso claustrofobico e angosciante negli interni, lì dove i protagonisti rimangono "faccia a faccia" con, è proprio il caso di dirlo, le loro anime. Sceneggiatura buffa, curiosa, ma al tempo stesso profonda e inquietante, che insinua alcune riflessioni complesse, ma al tempo stesso, che fa sorridere con intelligenza. Bella colonna sonora, con in particolare due pezzi stupendi della compianta Lhasa de Sela. Un vero peccato che non sia uscito da noi.
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