Fuga - di Pablo Larraín (2006)
Giudizio sintetico: si può perdere (2,5/5)
Giudizio vernacolare: storia di una musi'a che porta merda
Cile. Eliseo Montalbán era un promettente direttore d'orchestra, giovane, capace, geniale. Con un'ossessione: l'omicidio della sorellina, perpetrato con violenza quando lui era ancora piccolo, sopra ad un pianoforte, interrompendo una melodia e bagnandola col sangue. Crescendo, Eliseo porta avanti parallelamente musica e dolore come fossero una cosa sola, fino al punto in cui il suo componimento, la sua sinfonia, una rapsodia macabra, diventa maledetto, perché ogni volta che viene rappresentato, qualcuno muore. Eliseo diventa il capro espiatorio di una situazione pesante in famiglia, dovuta sempre alla tragedia della sorella, e cade in depressione. Viene internato, e lì, peggiora. Un musicista di scarso talento, Ricardo Coppa, scopre per caso l'unica partitura rimasta della rapsodia macabra, e si rende conto di essere davanti ad un'opera degna di attenzione. la tentazione di farla propria è grande, ma viene scoperto. A quel punto, si dedica anima e corpo al ritrovare Montalbán, e a riportarlo alla vita.
Sono andato a ricercare questo film per un motivo ovvio: è il debutto nel lungometraggio del cileno Pablo Larraín, regista, dopo questo Fuga, di Tony Manero e di Post Mortem, due film senza dubbio degni di nota, sintomo di doti interessanti. Il film in questione è carico di idee e dimostra una buona mano, ma alla fine non colpisce così come i seguenti. Credo sia normale: si cresce.
Una bella fotografia, un'ottima interpretazione del protagonista Benjamín Vicuña (Eliseo; da noi lo abbiamo visto in Fuori Menù), attore da seguire, nonostante sia un debutto una impressionante dimostrazione di padronanza della macchina da presa, ed una quantità di supponenza tale da far comprendere che il percorso futuro sarebbe stato interessante. Il film è probabilmente sovraccarico di tentativi di analisi per molti dei personaggi, ed i simbolismi inoltre si perdono nell'intreccio e nei passaggi temporali.
Insomma, il messaggio che vi voglio dare è che se vi piace il cinema di Larraín arrivato fin'ora da noi, non vi affannate troppo a cercare di vedere questo film che è uscito solo in Cile ed in Argentina: non è fondamentale, anche se, come detto, si intravedono le potenzialità.
Non posso concludere però, senza segnalare l'ennesima prova spettacolare di Alfredo Castro, attore spettacolare che abbiamo imparato a conoscere proprio grazie ai seguenti film di Larraín, qui nei panni di Claudio, una pirotecnica checca internata nello stesso manicomio di Eliseo.
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