Iron Maiden - Iron Maiden (1980)
Prendiamoci una pausa da tutta questa musica contemporanea, ed andiamo, per una volta ogni tanto, ad occuparci di quelle che il vostro blogger preferito considera pietre miliari della sua (Scarsa) cultura musicale (E con questo la finisco di parlare di me in terza persona, tranquilli).
Di recente ho rispolverato il full-length di debutto degli Iron (Per gli amici) per motivi naturalmente musicali, e mi è capitato di rifletterci su. Come li ho conosciuti, ve lo racconterò un'altra volta, per fare questo ci vorrà un post piuttosto lungo dove vi recensirò un concerto di 31 anni fa.
Formatisi a Londra all'incirca nel 1975, dopo un demo famosissimo, riversato poi su un 45 giri con una manciata di tracce piuttosto selvagge (Il famoso The Sondhouse Tapes) ed un singolo di anticipo che spiazza completamente l'ascoltatore rock (Running Free), il debutto di questa band inglese traccia una linea divisoria immaginaria tra l'hard rock e l'heavy metal, e, viste anche le prove live, lancia pure la corsa all'esecuzione del metal sempre più veloce, corsa che partorirà sottogeneri quali lo speed, il thrash e, più tardi, il grind-core. Puntualizziamo: l'analisi è sommaria, e di certo non è questa la peculiarità degli Iron Maiden.
Il disco, dunque. Pezzi selvaggi ma suonati con grande tecnica [La caratteristica che definirà la band sarà soprattutto il suono, lo stile e la tecnica del bassista Steve Harris, insieme all'intreccio delle due chitarre soliste (Qui Dave Murray e Dennis Stratton); su questo disco, così come sul seguente, c'è poi Paul Di'Anno alla voce, molto meno metal e più blues del seguente cantante, e alla batteria Clive Burr, probabilmente il meno dotato tecnicamente, ma dotato di una grande irruenza], genere di ovvia derivazione hard rock ma con quel qualcosa in più che li distingue, per esempio, anche dai Judas Priest, pure loro in via di affermazione e già fonte d'ispirazione per gli stessi Iron, lavoro contrassegnato da un songwriting decisamente di grande livello, che mette insieme hard rock, come detto, furia punk, seppure a quel tempo fosse considerato un genere "concorrente", ed un certo gusto progressive per lunghi assoli e, addirittura, pezzi completamente strumentali: Phantom Of The Opera, un pezzo da oltre sette minuti, con una struttura decisamente progressiva (Ma in diversi passaggi travolgente), ed un mood altamente epico, è un chiaro esempio di quello che vi sto dicendo, e, tra l'altro, ormai un grande classico.
Difficile trovare un pezzo più debole degli altri, ed è questo un tema sul quale rifletto da ormai 30 anni; devo dire che ho sempre pensato che il cucchiaio di legno potesse toccare a Strange World, una ballad meno ispirata di Remember Tomorrow, che però è un pezzo davvero affascinante. Eppure, vi sfido ad ascoltare Strange World e a dire che è una brutta canzone (L'assolo d'apertura è stereotipato, ma eccezionale).
Il resto è storia, e grandi classici dell'heavy metal: Prowler, un incipit devastante, Running Free, un pezzo che ancora oggi emoziona, Transylvania, piena di cambi di tempo deliziosi ed in possesso di un tiro micidiale, Sanctuary, presente solo in alcune versioni, semplice ma efficacissima, Charlotte The Harlot, che si gioca il cucchiaio di legno con Strange World solo per l'altissimo livello del resto, ma che secondo me rimane un po' più in alto per merito di una grande dinamicità, e la conclusiva (Ma era in The Soundhouse Tapes, in un'altra versione) Iron Maiden, un pezzo che avrebbe fatto impallidire gran parte delle band punk dell'epoca, una canzone che non ti dà il tempo di capire quanto sia complessa la sua struttura perché ti trascina in un vortice.
Inutile dire che siamo davanti ad un disco epocale.
1 commento:
Non riesco a scindere questo disco dai due seguenti killers e il live maiden japan. Testimonianza di un epoca degli iron breve ma irripetibile: quella di paul di anno.I pezzi di questi lp non sono più stati gli stessi con dickinson e non lo saranno mai con nessun altro.
Remember tomorrow.
Mog-ur.
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