No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20080203

molly


Abbiamo parlato dello spettacolo teatrale Molly Sweeney pochi giorni fa. Ne parla anche Concita De Gregorio nella sua rubrica su D di Repubblica di sabato scorso. Ne parla così:


Di uno spettacolo a teatro di cui si è parlato molto, Molly Sweeney di Brian Friel (interpreti Umberto Orsini, Valentina Sperlì, Leonardo Capuano), una sola cosa vorrei dire: vale per ciascuno di noi. La protagonista, cieca dal primo anno di vita, viene ricondotta alla vista dalla caparbietà ambiziosa del marito e dall'ambizione caparbia del medico. Nessuno le chiede mai, davvero, se voglia tornare a vedere. È scontato, chi non vorrebbe? Eppure, invece. Molly conosce tutti i fiori dall'odore, dalla forma, li annusa e li tocca come le ha insegnato a fare suo padre da bambina. Conosce le persone con le mani, al buio, e così la vita. Quando torna a vedere non riconosce niente, è ovvio. Vede un tulipano e per sapere che è un tulipano ha bisogno di chiudere gli occhi e toccarlo, deve tornare cieca. La vista le toglie la sua identità. E questo vale per tutti, in fondo: non sempre guarire migliora, non sempre essere guariti (da un'inerzia, da un'illusione, da una prudenza) è un dono. La voce di Orsini vale più di un trattato di neuroscienze.


Un'amica (grazie, tanto sai chi sei) che frequenta un master in traduzioni dall'inglese post-coloniale ha seguito una lezione su questa piéce. Mi ha dato delle spiegazioni. Eccovele.


Ho visto che hai recensito Molly Sweeney. Ne abbiamo parlato a lezione e ci hanno spiegato l'interpretazione che le si dovrebbe dare: si tratta di una piece del genere post-coloniale (leggi Irlanda, visto che Brian Freil, il suo autore, è irlandese), dove Molly è il simbolo dell'Irlanda. Molly, nome tipico irlandese, richiama Molly Malone, l'eroina venditrice di cozze che col suo carretto passava per le strade di Dublino, dove esiste un suo monumento. Sweeney era un re pagano irlandese che si oppose alla diffusione del cristianesimo in Irlanda e divenne poi cieco. Molly è la metafora dell'Irlanda stessa: Molly cieca vive nel suo mondo forse primitivo e incompleto ma lei è felice come l'Irlanda pre-colonizzazione. Molly che ci vede è stordita come l'Irlanda colonizzata, Molly che torna cieca ma è disturbata e non ritrova più il suo mondo è l'Irlanda abbandonata dai colonizzatori. Credo che questo paradigma possa essere applicato a tutti i paesi post-coloniali, penso ai paesi africani per esempio. Questa è la prima volta che viene interpretata in Italia, la scenografia originale prevedeva solo 3 sedie dove sedevano i 3 attori senza parlare tra loro ma solo con il pubblico (altro tratto del teatro postcoloniale) e Molly cieca era l'unica che rivolgeva lo sguardo a turno ai due attori mentre parlavano...quella della sera scorsa era un po' diversa.


Così, tanto per avere qualche nozione in più. Nella (bella) foto allegata, tratta da questo sito, l'autore Brian Friel.

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