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20100223

rosarno 8

Il razzismo che serve agli sfruttatori

Claire Ané, Le Monde, Francia

In tutta europa la coltivazione dei campi è affidata a lavoratori stagionali stranieri che vivono in condizioni di grave precarietà. Parla l’antropologo francese Alain Morice.

In Italia il razzismo è un’utile leva per lo sfruttamento dei migranti stagionali. Ne è convinto Alain Morice, antropologo e ricercatore del Centro nazionale della ricerca scientifica di Parigi.
Secondo Morice, dietro le violenze contro gli immigrati nel sud d’Italia si nasconde la mafia.

L’impiego di manodopera stagionale straniera è un fenomeno radicato in Europa?
Sì, soprattutto nei paesi che hanno una lunga storia d’immigrazione come la Francia. Nel nord i belgi erano reclutati per la raccolta delle barbabietole, mentre al sud gli italiani era impiegati nell’orticoltura e gli spagnoli nella vendemmia. Il fenomeno ha subìto un’accelerazione negli anni settanta con l’industrializzazione dell’agricoltura, che ha fatto aumentare la richiesta di manodopera. Negli anni ottanta lo stesso fenomeno ha interessato anche Spagna e Italia, ex paesi d’emigrazione, che a loro volta hanno puntato sulla coltivazione intensiva di frutta e verdura.
Sono tutte varianti del “modello californiano”, che si è imposto circa un secolo fa negli Stati Uniti. Questo modello punta sullo sfruttamento degli immigrati, che sono una manodopera più economica e facilmente ricattabile. A questi lavoratori, provenienti soprattutto dai paesi poveri, si possono requisire i documenti o impedirne il rinnovo. Inoltre i braccianti si prestano a essere
sfruttati perché il loro obiettivo è guadagnare più soldi nel minor tempo possibile. L’idea è impedirgli di stabilirsi in modo permanente sul territorio perché, come sostengono molti datori di lavoro, quando ottengono la residenza gli immigrati diventano degli “scansafatiche” e pensano solo a ottenere i sussidi sociali. In questo caso, il razzismo è utile allo sfruttamento dei migranti stagionali.
Quali sono i modelli di reclutamento e le condizioni di lavoro nei diversi paesi?
I modelli di reclutamento sono molto vari, ma accomunati da due caratteristiche: la flessibilità e la precarietà. In Francia, dopo che spagnoli e portoghesi sono entrati nell’Unione europea, gli
stagionali sono soprattutto marocchini e, in misura minore, tunisini. nel 1963 i due paesi hanno firmato degli accordi bilaterali con la Francia, creando i cosiddetti contratti Omi (dal nome dell’ufficio delle migrazioni internazionali) della durata standard di sei mesi, ma estensibile fino a otto. Prima dell’ingresso nell’Ue, ne hanno beneficiato anche molti polacchi, impiegati soprattutto nelle vigne. Questi contratti, concessi in maniera limitata dalle autorità, sono utili sia ai datori di lavori sia agli stagionali. Nel sud della Spagna all’inizio i lavoratori stagionali erano soprattutto marocchini, spesso senza permesso di soggiorno. Quando hanno cominciato a chiedere che fossero rispettati i loro diritti, c’è stato un tentativo di diversificazione. Sono stati fatti arrivare lavoratori dall’America Latina, in particolare dall’Ecuador, considerati più vicini per religione e lingua. Oggi sono presenti anche dei lavoratori dell’est europeo. Nel sud d’Italia l’impiego degli stagionali è gestito in modo informale. Il settore è spesso controllato dalle mafie locali (per esempio, la ’ndrangheta in Calabria) che hanno praticamente carta bianca e garantiscono
l’impunità ai datori di lavoro. Attirati da false promesse o privi di documenti regolari, gli africani e i cittadini dei paesi dell’est sono sfruttati e vivono reclusi sotto la sorveglianza dei “caporali”. L’ultima rivolta in Calabria testimonia la gravità della situazione, peraltro ben nota dopo un’inchiesta del 2006 del giornalista Fabrizio Gatti. Come in Grecia, si tratta soprattutto di lavoro nero e gli stagionali non sono ben visti dalla popolazione locale.
Ci sono state in passato esplosioni di violenza simili a quella avvenuta in Calabria?
Nel 2000 ad Almeria, in Andalusia, dopo l’uccisione di una donna spagnola da parte di un marocchino, gli abitanti hanno scatenato una caccia all’uomo contro gli immigrati, in gran parte clandestini. In città avevano stanze in affitto, negozi e phone center. La violenza razzista è esplosa anche perché gli abitanti hanno cominciato a temere che gli stranieri volessero stabilirsi
deinitivamente in città. Quello che è successo in Italia è diverso. Gli immigrati dovevano fermarsi solo alcuni mesi e vivevano in condizioni terribili. Non è ancora ben chiaro, ma sembra che le violenze razziste siano scoppiate al momento opportuno: i braccianti sono stati allontanati quando non c’era più bisogno di loro e il prezzo degli agrumi era così basso che non valeva la pena fare la raccolta. Non si può neanche escludere che dietro le violenze ci sia la ’ndrangheta.
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Da Internazionale 829

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