Un parere completamente diverso dal mio, da un autorevole critico, a proposito di questo film. Da Internazionale.
=====================
Amabili resti
di Peter Jackson
Di tutte le illusioni umane, la più difficile da abbandonare è l’idea che la nostra coscienza continui a esistere dopo la morte. Potrebbe sembrare una risposta eccessivamente razionale di fronte al best seller del 2002 di Alice Sebold, Amabili resti. Ma diventa una riflessione inevitabile quando si vede il bizzarro e sentimentale film che Peter Jackson ha tratto da quel romanzo. Nel film, come nel libro, Susie (Saoirse Ronan), una ragazzina di quattordici anni, racconta la sua morte, nel 1973, per mano di un maniaco del suo quartiere (Stanley Tucci). Poi segue l’omicida mentre copre il misfatto e suo padre (Mark Wahlberg), sua madre (Rachel Weisz) e sua sorella (Rose McIver) affrontare il dolore della perdita. Non è solo presente nelle loro menti, è davvero là e influisce sulle loro vite. Il libro era scritto con considerevole delicatezza, un toccante e dettagliato resoconto della vita di una ragazzina di periferia. Ma interpretato alla lettera nel film, questo materiale diventa una specie di storia di fantasmi con pretese alte. Jackson intermezza le vicende della famiglia con gli interventi di Susie, ma il film risulta ridondante e poco drammatico. Inoltre il paradiso, notoriamente, è più difficile da rappresentare dell’inferno e Jackson esagera con lo zucchero. Ne viene fuori un film per famiglie sull’omicidio e il lutto. Un’operazione al limite del nauseabondo. Susie impara la lezione che è fondamentale “lasciar andare” la sua vita passata. Invece artigiani capaci e opportunisti come Alice Sebold e Peter Jackson non si lasciano sfuggire un’occasione di mescolare vita e morte.
David Denby, The New Yorker
Nessun commento:
Posta un commento