Esuli culturali
Da Milano a Berlino
di Maksim Cristian
Mentre i politici italiani innalzano dei muri a sud, cercando di conservare a tutti i costi la struttura demografica del presente, il futuro scappa da nord, oltre le macerie dei vecchi muri.
Giovanni Cellie, 22 anni, è nato a Milano e suona il pianoforte da quando aveva tre anni. A quindici anni ha cominciato anche a studiare chitarra moderna, armonia e solfeggio all’accademia Nam di Milano. Oggi è un compositore e un produttore musicale. All’inizio del 2009 anche lui si è trasferito a Berlino. “La musica è sempre stata una passione e una materia di studio per me. Ma a Milano, se ti chiedono cosa fai nella vita e rispondi ‘faccio musica’, ribattono: ‘No, intendo che lavoro fai’. La domanda successiva è: ‘Ma ci paghi l’affitto?’. Se entri in un ristorante qualsiasi a mangiare, la cameriera può essere una violinista diplomata. In Italia vivere dignitosamente da musicista non è considerata un’aspirazione seria”. Giovanni ha capito quasi subito che le case discografiche impongono ai musicisti degli standard da seguire se vogliono vendere. Chi non si adatta è fuori. Un giorno un suo collega, che si era trasferito poco prima, gli ha parlato di Berlino. Giovanni ha deciso in pochi giorni di partire. “Non sapevo praticamente nulla di Berlino, di com’era la vita, l’ambiente, la musica, ma restare in Italia non aveva senso”. Aveva in tasca 300 euro e un contatto per un posto dove dormire. “L’arrivo è stato tragico”, racconta. “Quando sono arrivato in aeroporto ho perso la borsa con il computer, i miei lavori e tutti i dati, così non ho potuto contattare nessuno e la prima notte ho dormito sotto un ponte. Faceva un freddo cane”. Nel giro di due mesi, però, Giovanni si è procurato una stanza-studio, con l’attrezzatura di cui aveva bisogno per fare il suo lavoro e non ha mai dovuto cercare un’altra occupazione. “Una delle cose che ti colpisce subito a Berlino sono tutti quegli artisti che sembrano felici di aver finalmente trovato altre persone che li capiscono”. Giovanni pensa all’Italia con dispiacere. “Quando vivi all’estero si accentua lo spirito d’identità con il tuo paese d’origine. Ma poi quando lo osservi da lontano stenti a riconoscerlo”.
La "puntata" precedente qui.
Da Milano a Berlino
di Maksim Cristian
Mentre i politici italiani innalzano dei muri a sud, cercando di conservare a tutti i costi la struttura demografica del presente, il futuro scappa da nord, oltre le macerie dei vecchi muri.
Giovanni Cellie, 22 anni, è nato a Milano e suona il pianoforte da quando aveva tre anni. A quindici anni ha cominciato anche a studiare chitarra moderna, armonia e solfeggio all’accademia Nam di Milano. Oggi è un compositore e un produttore musicale. All’inizio del 2009 anche lui si è trasferito a Berlino. “La musica è sempre stata una passione e una materia di studio per me. Ma a Milano, se ti chiedono cosa fai nella vita e rispondi ‘faccio musica’, ribattono: ‘No, intendo che lavoro fai’. La domanda successiva è: ‘Ma ci paghi l’affitto?’. Se entri in un ristorante qualsiasi a mangiare, la cameriera può essere una violinista diplomata. In Italia vivere dignitosamente da musicista non è considerata un’aspirazione seria”. Giovanni ha capito quasi subito che le case discografiche impongono ai musicisti degli standard da seguire se vogliono vendere. Chi non si adatta è fuori. Un giorno un suo collega, che si era trasferito poco prima, gli ha parlato di Berlino. Giovanni ha deciso in pochi giorni di partire. “Non sapevo praticamente nulla di Berlino, di com’era la vita, l’ambiente, la musica, ma restare in Italia non aveva senso”. Aveva in tasca 300 euro e un contatto per un posto dove dormire. “L’arrivo è stato tragico”, racconta. “Quando sono arrivato in aeroporto ho perso la borsa con il computer, i miei lavori e tutti i dati, così non ho potuto contattare nessuno e la prima notte ho dormito sotto un ponte. Faceva un freddo cane”. Nel giro di due mesi, però, Giovanni si è procurato una stanza-studio, con l’attrezzatura di cui aveva bisogno per fare il suo lavoro e non ha mai dovuto cercare un’altra occupazione. “Una delle cose che ti colpisce subito a Berlino sono tutti quegli artisti che sembrano felici di aver finalmente trovato altre persone che li capiscono”. Giovanni pensa all’Italia con dispiacere. “Quando vivi all’estero si accentua lo spirito d’identità con il tuo paese d’origine. Ma poi quando lo osservi da lontano stenti a riconoscerlo”.
La "puntata" precedente qui.
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