No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20101216

Batalla en el cielo


Battaglia nel cielo – di Carlos Reygadas (2006)


Giudizio sintetico: si può perdere (2/5)

Giudizio vernacolare: a parte 'r mugolone, ir nulla


Marcos vive a Città del Messico con la moglie e il figlio; è piuttosto grasso, ed è una specie di vigilante. Lo vediamo sorvegliare l’alza e l’ammaina bandiera in una delle più grandi caserme locali, ma soprattutto, lavora per un imprecisato “padrone”, che non vediamo mai, e soprattutto, fa da autista alla di lui figlia, Ana, una ragazzina sveglia, provocante anche se non esageratamente bella, che ha un fidanzato fisso ma che, quando lui non c’è, spesso, si prostituisce in una elegante (per il Messico) casa di appuntamenti, evidentemente più per noia che per altro. Tra i due c’è uno strano legame, ce ne accorgiamo fin dalla prima scena (bellissima), e il sospetto aumenta quando Ana, di ritorno da non si sa cosa, si fa portare da Marcos alla “boutique” (la casa d’appuntamenti) e gli offre una delle sue “amiche” per una scopata. Marcos, che come vedremo è un insaziabile sessuomane, stranamente non ce la fa. Il colpo finale, avviene quando Marcos confessa ad Ana un terribile segreto che lo opprime: insieme alla moglie (obesa, molto più di Marcos; si arrangia come può come ambulante, vendendo di tutto nei corridoi della metro) hanno rapito il bambino di un’amica (che ha solo pochi soldi più di loro), e nel frattempo il bambino è morto. Inizia qui il difficile percorso, o almeno, il tentativo di intraprenderlo, di redenzione di Marcos. Chissà se e come arriverà alla fine.


Intendiamoci, sconsiglio questo film a chiunque non sia un maniaco come me, uno da 3 film in un giorno, o 7 in una settimana (a quei tempi; adesso sono peggiorato). Certi registi sembra che o ti prendano per il culo, o quantomeno abusino dello spettatore e vogliano mettere alla prova la sua preparazione, oltre alla sua pazienza. Il fatto è che questo film ha delle cose buone, ma non ha un senso compiuto. A conti fatti, sembra che la cosa più bella sia la locandina, e il titolo, che non si riesce a spiegare neppure dopo aver visto il film. Diciamo che Reygadas ha delle ottime intuizioni a livello visivo. Muove bene la macchina da presa, scruta i corpi, li violenta, non ha paura delle loro imperfezioni, e questo fa di “Battaglia nel cielo” una pellicola disturbante; nei campi lunghi e nei piani-sequenza è bravo, anche se forse un po’ troppo poetico (la Città del Messico che ci mostra è quasi onirica, la vediamo dai tetti oppure attraverso i finestrini delle auto; le differenze sociali le dobbiamo intuire con un grande lavoro di attenzione ai particolari). E’ coraggioso, oppure molto furbo: il film si apre con una fellatio. Qui ci sono da dire alcune cose: la scena, come ho detto prima, è davvero bella, anche se non proprio dal punto di vista estetico, o meglio, non ci sono due belle persone che fanno sesso orale, ma la scena è girata bene, non da film porno, e ci comunica qualcosa che poi tenteremo di capire durante il film. Qualcosa capiremo, a senso. La fellatio ritorna più avanti, e aggiunge un po’ di senso alla storia. Per rispetto dei coraggiosi che, nonostante le avvertenze, sceglieranno di vedersi questo film, non diciamo altro.

E’ molto bravo a scegliere gli attori, o almeno, le loro facce. Sappiamo che lavora quasi sempre con non professionisti, ed ecco che Marcos e sua moglie sono indiscutibilmente perfetti per rappresentare la classe poco più che povera messicana, costretta a continui espedienti per sopravvivere decentemente, ed ecco Anapola Mushkadiz, l’interprete di Ana, eterea, superiore, perversa, inconsapevole, come si conviene a chi non ha problemi nella vita ed è circondato da chi non è al suo livello.

I simbolismi che Reygadas dissemina lungo tutto il percorso della pellicola possono si comunicarci qualcosa, ma che fatica! Inoltre, è tutto lasciato allo spettatore, che però è messo a dura prova e si affatica. E di solito, nel calcio, quando un attaccante fa 50 metri palla al piede, davanti alla porta sbaglia per mancanza di lucidità. Quella che manca allo spettatore. Oppure al regista.

Buono il manico, manca la storia. Può darsi che Reygadas, in futuro, ci stupisca e riesca a darci dei buoni film; per adesso, lo rimandiamo con una sonora tirata d’orecchie.

2 commenti:

giulia ha detto...

applausi per il giudizio vernacolare...:-D

jumbolo ha detto...

:)