Tiburzi - di Paolo Benvenuti 1996
Giudizio sintetico: per appassionati
Domenico Tiburzi detto Domenichino, nacque a Cellere nel 1836 e morì nei pressi di Capalbio nel 1896. Fu un famoso brigante, certamente il più famoso della Maremma. Il film racconta gli ultimissimi giorni della vita di Tiburzi, tornato da poco nelle "sue" terre dalla Francia, e ormai accerchiato dalle indagini accurate e intelligenti del capitano dei carabinieri Michele Giacheri, esperto di brigantaggio e interessato al personaggio (infatti, lo vuole catturare vivo). Ma non ci sono solo le indagini ufficiali che "inseguono" Tiburzi...
Il film di Benvenuti, che segue Confortorio e precede Gostanza da Libbiano, prosegue nella sua personale "indagine" storica sull'Italia, con il suo stile personale e, paradossalmente, avvicinabile al cinema orientale. Sto parlando ovviamente solo dei tempi, molto dilatati e molto vicini a quelli della vita reale. Benvenuti come sempre si basa su accurate ricerche storiche, e ricostruisce non solo gli ultimi momenti della vita del brigante, ma la sua storia, il suo ingresso nel mondo dell'illegalità, il suo rapporto con la legge e la giustizia. Nonostante il regista non prenda posizione, seppur racchiudendo il film fra due parentesi a dir poco eccezionali (Silvana Pampanini che apre il film vestita di nero inquadrata dal basso, in una posa che può ricordare l'angelo della morte, che canta uno stornello dedicato proprio alla vita di Tiburzi, e la stessa Pampanini che sui titoli di coda canta il traditional toscano Maremma Amara - qualcuno di voi lo ricorderà nella versione attualizzata dai Carnèigra nel loro album di debutto -), non può non venirvi in mente Robin Hood ascoltando le ricostruzioni della vita di Tiburzi (lo confesso, a me è balenato in mente, per un attimo, anche Ernesto "Che" Guevara), e assistendo all'indagine leale e razionale del capitano Giacheri, che scorrono parallele alle "altre" (non approfondisco per non togliervi l'eventuale piacere della visione), non può non venirvi in mente l'Italia degli ultimi 60 anni (ben poco è cambiato, quindi).
Una fotografia grezza che rende l'idea di una Maremma ancora superba, intermezzi onirici davvero suggestivi, soprattutto nel finale, gusto dell'inquadratura pittorico e simbolista. Un film impegnativo, perchè ha dei tempi molto lenti, come detto prima, a dispetto della durata molto breve (un'ora e venti circa), ma che apprezzerete soprattutto se non conoscete approfonditamente la storia di questo personaggio che rimane ancora nella leggenda maremmana e addirittura in alcuni modi di dire toscani. Ascoltate attentamente la parte finale, dove si racconta di quello che successe dopo la morte di Tiburzi. Recitazioni molto teatrali, come sempre nei film di Benvenuti.
Un film fuori dagli schemi ai quali siamo abituati.
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