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Mimic - di Guillermo Del Toro 1997
La spina del Diavolo - di Guillermo Del Toro 2001
Giudizio sintetico: prescindibili entrambi
Mimic: a New Yok si sta diffondendo una micidiale epidemia, portatori i comuni scarafaggi. Il dottor Mann sta tentando in ogni modo di curare i piccoli, ma i suoi sforzi sono vani. La dottoressa Tyler, entomologa di fama mondiale, riesce a stroncare la diffusione di tale epidemia modificando il DNA dell'insetto portatore. La collaborazione è galeotta, Mann e la Tyler si sposano felicemente, ma dopo pochi anni si ritrovano a combattere una specie di scherzo della natura, che loro stessi hanno generato con quella modifica.
La spina del diavolo: Spagna, durante la guerra civile, Carlos, un orfano di guerra, viene lasciato, come altre decine di bambini, in un orfanotrofio isolato e gestito da donna Carmen e dal Professor Casares. Carlos stenta ad integrarsi, a causa di un gruppetto di bambini dalle dinamiche gerarchiche già ben definite, ma sarà lui a risolvere il mistero di un fantasma che, si dice, viva ancora nell'orfanotrofio: è il fantasma di un bambino che viveva lì e che è sparito qualche tempo prima misteriosamente.
I primi due film hollywoodiani del regista messicano, dal cognome omonimo dell'attore Benicio, non sono due grandi film, a giudizio di chi scrive, anche se si nota una certa e non indifferente maturazione tra il primo e il secondo. Mimic è il classico fanta-horror di genere e, lasciatemi dire, di serie B, se non fosse, non si sa davvero per quale motivo, per un cast davvero generoso, per un film di quella portata. Per dire, a parte l'insignificante Jeremy Northam, insignificante così come gran parte della sua filmografia (mi dà sempre l'idea che nei pochi film validi ai quali ha partecipato ci sia capitato per caso), ci sono Mira Sorvino (adesso un po' in ribasso, per la verità), Giancarlo Giannini, F. Murray Abraham e un giovanissimo Josh Brolin. Evidentemente, o ha grandi appoggi, o Del Toro godeva di grande fiducia già all'epoca. Il film, che dà zero suspense e mostra anche delle recitazioni un po' stentate, è talmente scontato che ha generato, come l'insetto modificato della storia, ben 2 sequel. Gli effetti speciali, però, non sono niente male.
La spina del Diavolo ha invece dalla sua una bellissima fotografia, di Guillermo Navarro, che infatti Del Toro si terrà stretto nel proseguimento della sua carriera (a parte la parentesi, evidentemente impostagli, di Blade II), e un miglioramento nella direzione degli attori: il cast, questa volta, è totalmente spagnolo o, quantomeno, di lingua iberica. Infatti, troviamo due grandi, Marisa Paredes (una delle muse di Almòdovar) e Federico Luppi (uno straordinario attore, anche di teatro, argentino naturalizzato spagnolo, che ritroveremo anche ne Il labirinto del Fauno), e il promettente Eduardo Noriega (che già aveva lavorato con Amenàbar in Tesis e Abre los ojos - l'originale dal quale poi Crowe ha tratto Vanilla Sky - e dopo ha proseguito una brillante carriera, seppur lontana da Hollywood - El lobo, El método, Alatriste - Il destino di un guerriero). Ciò che ancora manca, nonostante migliori la tensione di fondo, è una sceneggiatura convincente e uno svolgimento meno contorto. Non che Il labirinto del Fauno sia lineare, ma almeno ha un fascino totalmente diverso, cosa che infatti lo ha elevato a ben altri (e più alti) fasti.
In definitiva, gli si può dare un'occhiata per completezza di filmografia, ma non certo per trovare grandi pellicole.
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