No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20090518

made in Perù


Madeinusa - di Claudia Llosa 2006


Giudizio sintetico: da vedere


Manayaycuna (in quechua "il villaggio dove nessuno può entrare"), villaggio sulle Ande peruviane, a tre giorni di viaggio dal più vicino telefono. Sta arrivando la Pasqua, e con lei, il tiempo santo: distorcendo il dogma del cattolicesimo, gli indigeni credono che tra il Venerdì Santo (alle 15,00) e la domenica di Pasqua, essendo Gesù, e con lui Dio, morto, ogni peccato possa essere commesso senza paura di essere visti, e quindi, puniti. Cayo, sindaco del villaggio, padre di due ragazze adolescenti, Madeinusa e Chale, la cui moglie è fuggita a Lima, non vede l'ora che il tiempo santo arrivi, per deflorare Madeinusa, ovviamente ancora vergine. Lei, e la sorella, lo sanno benissimo.

Nel frattempo, arriva per caso in paese Salvador, un peruviano bianco, un geologo proveniente da Lima, che rimane bloccato a Manayaycuna contro la sua volontà. Cayo gli spiega che gli abitanti non desiderano avere forestieri tra i piedi, soprattutto durante il tiempo santo, quindi "rinchiude" Salvador in una stanza di casa sua, accanto alla stalla. Ma i tre giorni del tiempo santo sono lunghi...


Debutto piuttosto impressionante della 33enne peruviana Claudia Llosa, nipote d'arte e non solo, come potete evincere dalla scheda Wikipedia. Sicuramente provocatorio, a causa della descrizione degli indios fatta in questo film, descritti come incestuosi, ignoranti, razzisti e fondamentalmente cattivi, il film ha decisamente il suo fascino (malefico). I protagonisti sono convincenti, il lavoro della telecamera è decisamente ben strutturato (inquadrature sempre suggestive, sia che riprendano un ratto in fin di vita, una processione peruviana o uno scorcio andino), la fotografia è splendida. Nonostante la spietatezza di fondo, il film è addirittura divertente, con retrogusto amarognolo. Le processioni sono sensazionali, così come i costumi e il Cristo-marionetta in formato 1 a 1. Qualche forzatura nella sceneggiatura (sempre della Llosa) c'è, ma del resto è un debutto; il talento però si vede ugualmente.

Carlos J. de la Torre (Salvador) è belloccio e grunge quanto basta per essere una specie di Ethan Hawke o addirittura un Johnny Depp sudamericano, Yiliana Chong (Chale) è una co-protagonista esperta a dispetto delle sembianze adolescenziali, Magaly Solier, cantante quechua piuttosto stimata in patria, è sicuramente una scoperta destinata a fare strada anche nel campo del cinema.

Il film è girato in castigliano e in quechua, le canzoni cantate dalla Solier sono sue: la sua voce è straordinariamente angelica. Perfino le locandine sono quantomeno morbose.

1 commento:

Anonimo ha detto...

necessita di verificare:)