No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20090310

darren


Intervista a Darren Aronofsky su D la Repubblica delle donne nr. 636



Datemi una montagna la voglio scalare
Leone d'Oro a Venezia, molti premi a Rourke, il rinato protagonista. The Wrestler, film dell'anno, ha portato fortuna anche al regista Darren Aronofsky. Che dichiara tutto il suo amore per quell'attore anti-divo. E confessa che cerca solo le sfide più dure


di Liana Messina

Quando Darren Aronofsky ha vinto il Leone d'Oro all'ultimo Festival di Venezia, lo ha regalato "a tutti i veri wrestler, ai lottatori che buttano via i loro corpi e le loro anime per il divertimento del pubblico". Ma la dedica più grande, quella che s'intuisce vedendo il film, è senza dubbio indirizzata al suo protagonista: "È il film di Mickey", conferma entusiasta, lasciandosi alle spalle ogni orgoglio d'autore, di intellettuale, e l'aria un po' snob per cui era conosciuto Più che un regista, sembra un fan, uno di quelli che arrivano con gli striscioni e non smettono un attimo di parlare dei loro idoli. Proprio così cominciò la sua "storia d'amore" con Rourke, che ha poi voluto fortemente in The Wrestler: "L'ho amato, con passione - racconta - negli anni 80 e nei primi '90, in film come Angel Heart e Barfly. Ero stupito, disgustato dal fatto che l'Academy non gli avesse mai dato nemmeno una nomination. Da fan in questi anni mi sono chiesto spesso dov'era finito, che faceva, che gli fosse successo". Associarlo a un'altra sua vecchia idea, raccontare una storia ambientata nel mondo del wrestling professionistico, è stato facile: "Già ai tempi in cui frequentavo la Scuola di cinema non capivo perché nessuno avesse mai fatto un film serio sul tema, ma solo documentari o pellicole comiche. Non sono mai stato un vero patito, ma da ragazzo ricordo di essere stato a vedere qualche incontro con Hulk Hogan e Tony Atlas, al Madison Square Garden, e la cosa mi aveva colpito. Quando poi, per approfondire, studiare il progetto, mi ci sono avvicinato, ho scoperto un mondo assai più interessante di quanto pensassi. Unico. E anche tragico: il tasso di mortalità precoce tra questi atleti è impressionante". Aronofsky era uscito piuttosto stremato dal tortuoso percorso del suo terzo film The Fountain: oltre 6 anni di lavorazione, l'abbandono a metà percorso di Brad Pitt che doveva essere la star, la riscrittura per i due nuovi protagonisti, la sua compagna Rachel Weisz e Hugh Jackman, il laboriosissimo lavoro di editing, e alla fine di tutto questo sforzo un'accoglienza poco felice dalla critica e dal pubblico. Aveva bisogno di ridare subito vigore alla passione, cioè l'elemento che considera fondamentale per il suo cinema: "Scherzando dico che se Madonna ci ha insegnato qualcosa è che devi sempre reinventare te stesso. È importante per ognuno di noi accettare sfide inedite, provare cose nuove. Se ti ripeti, è la morte, tutto diventa noioso, la passione se ne va. Il cambiamento di stile, di genere, a me pare naturale, e tendo anche a non scegliere mai la strada più facile. Amo avere di fronte a me la montagna più alta per provare a scalarla, solo questo mi eccita. Dopo The Fountain c'erano almeno 8 progetti cui stavo lavorando in contemporanea. E poiché il lavoro degli effetti speciali era stato infinito, sentivo il bisogno di qualcosa che avesse a che vedere con la recitazione, con gli attori. Un film naturalistico, il più possibile vicino alla realtà". La storia di Randy The Ram Robinson, che lo scrittore Rob Siegel aveva sviluppato su suo invito, sembrava perfetta: un campione professionista di wrestling che dopo vent'anni di carriera si trova sulla via del declino, malato e solo (ha più o meno bruciato tutti i suoi rapporti affettivi), e non sa rinunciare al suo mondo, all'esibizione sul ring. Mickey è stato dal primo istante l'unico protagonista possibile per Darren. Il difficile è stato riuscire a farlo accettare a chi gli stava intorno: ""Cosa vuoi fare? Un film sul wrestling con Rourke? Sei pazzo, fuori di testa?", mi dicevano. Mi servivano solo sei milioni di $, ma nessun finanziere è stato disposto a darmeli. Tutti hanno detto no: erano convinti che Mickey non avrebbe mai ispirato simpatia o compassione". Per un attimo Nicolas Cage è apparso all'orizzonte, è servito a ottenere molti soldi, il semaforo verde: "Ma "Nic" è stato un gentleman, ha capito che le cose non funzionavano, perché il mio cuore era con Mickey, e si è fatto da parte". Alla fine il progetto è andato in porto con un budget ridotto e Rourke nei panni di Randy. Per entrarci ha fatto oltre 6 mesi di sollevamento pesi e allenamenti, 3 mesi di training coi wrestler, 500 calorie e un'ora di lampada solare al giorno: "Era l'unico mio dubbio - dice il regista - non sapevo se sarebbe riuscito a raggiungere la forma fisica necessaria. Lui è un uomo potente, ma non certo quanto un wrestler: ha dovuto mettere su 35 libbre di muscoli. Ma ce l'ha fatta". Niente paura invece per la fama di litigioso, intrattabile, che l'attore si porta dietro dalle sue intemperanze negli anni 80 quand'era una superstar: "Sapevo che non sarebbe stata una passeggiata, ma non mi preoccupavo. Quando lo incontri, indossa abiti di colori sgargianti, che servono a distrarti dai suoi occhi pieni di spirito e dolore. Ha sempre interpretato personaggi duri, in cui, però, c'era nascosto un lato fragile. È anche lui così: si presenta con la corazza che s'è costruito, ma serve solo a coprire le paure. Come regista lo guardi e ci vedi il fuoco che brucia: è eccitante, vuoi catturarlo. Certo, sul set ha opinioni specifiche su tutto, ma devi solo riuscire a convincerlo che quello che gli chiedi è giusto". La visione di Rourke, meno poetica, non è meno efficace: "Forse 15 anni fa non avrei lavorato con uno come Darren, non saremmo durati neppure un giorno! Perché lui ti dice tutto in faccia, Ma oggi è questo che mi piace di lui. È il capitano. Il primo giorno ci siamo visti, si è seduto e mi ha detto, puntando il ditino rosa: "Dovrai fare tutto quel che ti dico e mai mancarmi di rispetto davanti alla troupe. E poi non posso pagarti!". Ho pensato: cavolo, questo sì ha le palle, devo proprio lavorarci insieme!". L'incontro-scontro è andato al di là di ogni aspettativa: il film ha vinto il Leone d'Oro a Venezia e la giuria, non fosse stato per il regolamento, avrebbe premiato come miglior attore Mickey. Che ha avuto poi il Golden Globe e quasi tutti i riconoscimenti Usa. Meno l'Oscar, sfuggito per un pelo, rubato dall'altrettanto scontroso Sean Penn. Che l'ha ritirato dicendo: "Rourke è risorto, di nuovo, ed è mio fratello!".

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Nella foto, Aronofsky con la moglie

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