V per Vendetta – di James McTeigue 2006
Giudizio sintetico: si può vedere
In seguito ad una serie di catastrofi, guerre a ripetizione, impoverimento del paese leader mondiale (indovinate un po’ quale), sovversione delle regole e anarchia diffusa, l’Inghilterra assume il ruolo guida e viene tenuta ferma da un partito unico dalle inconfondibili coordinate fasciste: un leader indiscusso (Adam Sutler), controllo totale dei mezzi di comunicazione, campi di concentramento per dissidenti, tentativi segreti di “raffinare” la specie, coprifuoco e vigilantes, libertà limitate e controllo assoluto tramite telecamere.
In questo scenario desolante, decadente e normalizzato, un singolo si erge a sobillatore sopraffino, terrorista raffinato spietato coi potenti, dotato di poteri sovrumani, imbattibile nel combattimento, misterioso (porta sempre una maschera di Guy Fawkes, sovversivo che nel 1605 diede vita alla “cospirazione delle polveri” nel tentativo di far saltare il parlamento inglese senza fortuna) e dal passato sconosciuto.
Si fa chiamare semplicemente V, e vive in un nascondiglio da medioevo, pieno di libri e di opere d’arte considerate fuorilegge, allenandosi a tirare di scherma e guardando “Il Conte di Montecristo” di Donat.
Sceglie, pare casualmente, un’alleata in Evey Hammond, figlia di attivisti morti che però ha scelto il quieto vivere, salvandola da una violenza da parte di alcuni membri della sorveglianza in borghese. Il percorso di Evey verso la presa di coscienza anarchica e sovversiva sarà duro, nel frattempo V, tramite una abile strategia della tensione, mette alle corde il governo e si fa prendere in simpatia dalla popolazione, lanciando un ultimatum col quale promette di far saltare, in una data significativa (riferita proprio alla storia della maschera che indossa), la House of Lords londinese.
Per chi non sa niente di “V for Vendetta” (l’originale suona decisamente meglio), urge far notare che è tratto da una graphic novel dalla storia travagliata, scritta dal geniale Alan Moore e disegnata da David Lloyd, vecchia di una ventina d’anni. Un capolavoro assoluto del fumetto, ma oserei dire della letteratura tutta, un pathos difficilmente descrivibile, una forza decisamente rara che esce da ogni singola tavola.
Il film risulterà godibilissimo e quantomeno fuori dagli schemi, per chi si aspetta un supereroe alla Spiderman. Per i fans e conoscitori del fumetto, mi sento di sostenere che il film, diretto dall’esordiente McTeigue, sceneggiato (e prodotto) dai fratelli Wachowski, non deluderà nemmeno loro; sono certo che nessuno di essi avrebbe potuto immaginare una trasposizione filmica forte quanto quella su carta. Onestamente impossibile.
L’atmosfera, pur se patinata quanto basta, è gotica al punto giusto, il protagonista (Hugo Weaving) sinceramente bravo, se pensiamo che non appare mai a volto scoperto, a disegnare questo personaggio rivoluzionario e raffinato al tempo stesso, sofferente e deciso a rimodellare un mondo migliore grazie alla forza delle idee, la partner si rivela una scelta azzeccata (una Natalie Portman ormai destinata a grandi onori), i comprimari tutti di altissimo livello; ma soprattutto, il film non è per niente fracassone, i combattimenti sono limitati al minimo (e nonostante ciò superbamente girati), e si dà il giusto spazio, per quanto lo possa fare una pellicola rispetto ad una graphic novel, alla esposizione delle convinzioni sovversive e rivoluzionarie di V, punto focale della storia e della conseguente riflessione che ne scaturisce: fino a dove ci si può spingere con la violenza, quando si lotta per la libertà?
Qualche difetto c’è, ma si può a mio parere soprassedere: il messaggio arriva, e lascia dubbiosi, come penso sia giusto, pur parteggiando spudoratamente per il protagonista.
Per tornare al dualismo citato sopra, chi non conosceva il fumetto sarà spinto a saperne di più, mentre chi lo conosceva uscirà piuttosto soddisfatto, conservando un buon ricordo della pellicola, stimolato a riprendere in mano il capolavoro.
Perché le idee sono a prova di proiettile.
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