No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20100407

capisc' internet?

Da Internazionale nr. 837

Non toccate quel tasto!

Vaughan Bell, Slate, Stati Uniti

La diffidenza per le nuove tecnologie è antica. Risale all’epoca in cui si pensava che la scrittura riducesse la memoria e lo studio rendesse pazzi. Piccola storia delle tecnopsicosi

Lo scienziato svizzero Conrad Gessner è stato il primo a lanciare l’allarme sugli efetti dell’eccesso d’informazioni. In un libro che ha fatto storia, ha descritto come il mondo moderno abbia sommerso di dati le persone e come quest’abbondanza abbia “confuso e danneggiato” le menti. Gessner non ha mai mandato un’email e ignora i computer. Non perché sia un tecnofobo, ma perché è morto nel 1565. La sua preoccupazione si riferiva al flusso d’informazioni, apparentemente ingestibile, diffuso dalla stampa a caratteri mobili. L’ansia da informazione è antica quanto le informazioni stesse e ogni generazione si è concentrata sull’impatto negativo che può avere la tecnologia sulla mente e sul cervello. Da un punto di vista storico, quello che colpisce non è l’evoluzione di queste ansie sociali, ma la loro somiglianza secolo dopo secolo. Sono timori che risalgono alla nascita dell’alfabetizzazione. Socrate metteva in guardia dalla scrittura che “crea dimenticanze nell’animo dei discenti, perché non usano la memoria”. Nel settecento, quando i giornali diventarono più comuni, lo statista francese Malesherbes sosteneva che la lettura isolava socialmente le persone distogliendole dalla pratica, spiritualmente edificante, di ricevere in gruppo le notizie dal pulpito. Cent’anni dopo, con la maggiore diffusione delle scuole, si diceva che l’istruzione era innaturale e dannosa per la salute mentale. Un articolo del 1883 pubblicato sul settimanale medico Sanitarian sosteneva che le scuole “logorano il cervello e il sistema nervoso dei bambini con studi complessi e diversificati, rovinandone il corpo con una reclusione protratta”. La comunità medica, inoltre, considerava lo studio eccessivo una delle principali cause della pazzia. Quando è arrivata la radio abbiamo scoperto un ulteriore flagello: questo apparecchio è stato accusato di distrarre i bambini dalla lettura e di comprometterne il rendimento scolastico. Anche la televisione ha scatenato molte preoccupazioni: la storica dei media Ellen Wartella ha fatto notare che “i critici accusavano la televisione di danneggiare la conversazione, la lettura e la vita familiare causando un’ulteriore volgarizzazione della cultura americana”.
L’azione di internet sul cervello
Alla fine del ventesimo secolo i computer sono entrati nelle nostre case, internet è diventato un fenomeno globale e i mezzi d’informazione hanno diffuso paure quasi identiche: per la Cnn “la posta elettronica ‘riduce il quoziente intellettivo più degli spinelli’”, per il Telegraph “Twitter e Facebook potrebbero danneggiare i valori morali” e la generazione di “Facebook e My-Space ‘non è in grado avere rapporti sociali’”. Sono tesi senza fondamento, ma fanno notizia perché riecheggiano le nostre paure sulle nuove tecnologie. L’articolo di Nicolas Carr “Google ci rende stupidi?”, pubblicato sull’Atlantic (Internazionale 751), suggerisce che internet sta indebolendo la nostra attenzione e bloccando la nostra capacità di ragionare. Secondo il Times di Londra, la tecnologia digitale riduce la capacità di identificarci con gli altri e l’articolo del New York Times intitolato “I dati creano dipendenza?” ha sollevato il dubbio che la tecnologia possa causare la sindrome da deficit di attenzione. Questi articoli hanno un elemento in comune: non citano nemmeno uno studio su come la tecnologia digitale influenzi il cervello. Tutti raccontano aneddoti su persone convinte di non riuscire più a concentrarsi, citano scienziati che svolgono studi collegati all’argomento in modo marginale, ma niente di più. Esistono invece molte ricerche che affrontano la questione. Finora nessuno ha dimostrato che internet causa problemi mentali. Semmai i dati rivelano che chi frequenta i siti di social networking tende ad avere una vita sociale offline molto attiva, e chi gioca ai videogame è più bravo ad assorbire e a reagire alle informazioni. Invece anni di studi suggeriscono che troppa televisione può avere effetti negativi sulla salute e la capacità di concentrarsi. Ma non se ne parla molto perché la televisione è superata e le psicosi si concentrano soprattutto sulle novità. Come spiega lo scrittore Douglas Adams, la tecnologia che c’era quando siamo nati sembra normale, quella che arriva prima dei nostri 35 anni è emozionante e tutto quello che viene dopo è sospetto.

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