No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20100423

flip


Flippaut Festival, 1/2 giugno 2003, Bologna, Arena Parco Nord

Persi gli OVERHEAD a causa della piscina dell'ottimo campeggio città di Bologna, ci sorbiamo dopo le 15,30 di un pomeriggio caldissimo gli ATHLETE, che non ci forniscono altro che una clonazione sbiadita dei Coldplay.

Dopo una mezz'oretta scarsa, sale sul palco EVAN DANDO con un compare, entrambi con una chitarra acustica, e cercano di rinverdire (invano) i fasti di Simon & Garfunkel. Meglio su disco.

Avanti con i TURIN BRAKES, che invece riescono a catturare un minimo l'attenzione proponendo almeno una via di mezzo tra i 2 gruppi precedenti con un pizzico di personalità in più.

Le note più dolenti arrivano con i pompatissimi DANDY WARHOLS; non c'è maniera per loro di rendere un minimo del loro suono (passabile su disco) decente dal vivo. Scarsi scarsi scarsi, e per giunta noiosissimi.

Ancora è giorno, e sale sul palco SKIN. Sarebbe il caso di dire finalmente un concerto; Skin è sempre rabbiosa dal vivo, ma onestamente, il pubblico si scalda (si fa per dire, vista la temperatura media fino a che il sole sta su) solo ai pezzi dei compianti Skunk Anansie. Senza infamia e senza lode, a parte, appunto, le riproposizioni degli Skunk, riservate nel finale.

Addirittura in anticipo sui tempi di scaletta, sale sul palco, come suo solito in punta di piedi, Ben Harper e i suoi semi-rinnovati Innocent Criminals.

Trepidanti nelle loro aspettative i fans di vecchia e vecchissima data, si dividono sui giudizi dei pezzi che aprono il concerto. Apre una discutibile (a mio modesto parere) versione reggae della "denuncia" di "Excuse Me Mr.", e segue ancora una rilettura reggae di "I Shall Not Walk Alone", già migliore, ma l'aleggiato "trip" reggae incuriosisce i più (e fa tremare il "recensore"; come ha detto un amico, c'è chi lo suona meglio il reggae). Seguono i primi estratti dal nuovo album, non i migliori, "Brown Eyed Blues" e "Temporary Remedy", ma si respira aria già sentita, e non per questo peggiore."Ground On Down" e, a seguire, "Welcome To The Cruel World" aprono le porte ad un concerto almeno sui livelli conosciuti in passato, se non migliore. I classici si susseguono, il californiano si siede, scambia un toccante "chiarimento" col pubblico, e gli occhi si inumidiscono pian piano. Una strepitosa "Sexual Healing" lascia calmo nella tomba Marvin Gaye; la particolare scelta di suonare di seguito i 2 singoli del nuovo album ("Diamonds On The Inside" e "With My Own Two Hands", mixata superbamente con "War" di Bob Marley) segnala che l'artista continua a seguire scelte personali e mai smaccatamente commerciali (i singoli nuovi sono sempre distribuiti "ad arte" negli show "normali"). L'inno legalizzatore di "Burn One Down" introduce alla prima pausa, i cuori battono forte quando Harper rientra da solo e sciorina "Walk Away" fugando ormai qualsiasi dubbio, sciogliendo i più duri (di cuore) e ammutolendo, come solo lui sa fare, gli abbondanti 10mila dell'Arena Parco Nord."Waiting On An Angel" alla Al Green, "When It's Good" e poi la presentazione del suo particolare strumento a percussione per l'africaneggiante "Blessed To Be A Witness" portano ad un altro breve stop. Al rientro, una versione leggermente più rock di "Amen Omen" porta dritto alla superba conclusione con la medley tra le poetico/politiche (nonché canzoni "manifesto") "Like A King" e "I'll Rise", cantanta tutta col pungo del "black power" levato in alto, così come i cuori del pubblico che lo imita in un ideale marcia da fermo.

2 ore e mezzo che lasciano con la voglia di vederne ancora e ancora e ancora.

Il secondo giorno, dedicato a sonorità più "dure", è aperto dai CURSIVE che non impressionano granchè, posizionandosi in un limbo emo-core ancora da definire dal vivo;

seguono gli HELL IS FOR HEROES che si piazzano agli stessi livelli virando verso il nu-metal.

I THE KILLS giocano a fare i White Stripes con basi di drumming campionate, ma annoiano.

Arrivano poi i famigerati TURBONEGRO e deludono non poco, col loro gay-glam-rock sentito però mille e mille volte; la presenza scenica è lasciata tutta al cantante che ci prova come può (e non ci riesce).

Anche il secondo giorno ha il suo gruppo "pompatissimo" dalla stampa tutta, sono i WHITE STRIPES, che a livello musicale racchiudono nella loro proposta oltre 30 anni di rock nelle sue mille sfaccettature solo con chitarra e batteria, ma su un palco così grande rendono poco in due. Da rivedere "nello stretto".

Il picco della serata si raggiunge con i QUEENS OF THE STONE AGE. Quasi punk, quasi rock, quasi stoner, entrano e spaccano per quasi un'ora e un quarto, inanellando tutti i loro pezzi migliori, introducendo senza introdurlo Mark Lanegan, che canta i suoi pezzi e se ne va tranquillo come è arrivato. Lasciano distrutti e, allo stesso tempo, deliziati.

Alle 22 arrivano gli AUDIOSLAVE, e le aspettative arrivano alla verifica. La "macchina infernale" della sezione ritmica funziona a dovere, Tom Morello dimostra di essere all'altezza pure sui pezzi più melodici unendo inventiva e gusto. La "stecca" della serata è Chris Cornell, che di stecche ne prende alcune, e alterna prestazioni grandiose a pezzi opachi. Probabilmente una serata o un periodo storto, per la grande, e mai dimenticata voce dei Soundgarden (e dei Temple Of The Dog). Un acquazzone alle 23,10 salva i 4 da critiche più forti, vista anche la durata minuscola dello show; fuori diversi pezzi dell'unico disco gridano vendetta, rimpiazzati da alcune cover (tra le quali "White Riot" dei Clash), ma dagli headliner di un festival da 32 euro più prevendita si deve pretendere di più.

Gli spettatori della seconda serata erano circa 15mila.

Nessun commento: