L'uomo nell'ombra - di Roman Polanski 2010
Giudizio sintetico: si può vedere (2,5/5)
Giudizio vernacolare: ma l'hanno girato alle spiagge bianche?
Un ghost writer di professione viene ingaggiato per ri-scrivere la biografia dell'ex Primo Ministro britannico, Adam Lang, in una sorta d'isolamento (ci sono donna di servizio, uomo tuttofare, guardie del corpo varie, segretaria/amante e segretarie della segretaria, e la moglie) su un'isola nel nord degli States (parrebbe Marta's Vineyard) non sappiamo quanto volontario; viene pure pagato un botto. Perchè? Il precedente ghost writer incaricato è morto sull'isola in circostanze ancora da chiarire, e la suddetta biografia vale potenzialmente tanto.
Molto presto, anzi, prima ancora che il nuovo ghost abbia il tempo di fare le valigie, cominciano gli accadimenti strani: viene derubato di un manoscritto che gli ha dato Sidney Kroll, l'avvocato dell'ex Primo Ministro, durante la riunione nella quale è stato scelto, e convinto ad accettare il lavoro. E ancora non è niente: appena mette piede sull'isola, un tourbillon di eventi e situazioni sempre più strane e sospette lo accompagnano nel suo lavoro. Lang è messo sotto processo dal Tribunale Internazionale dell'Aja per crimini di guerra, lui è costretto a lasciare l'alberghetto dove soggiornava per stabilirsi nella villa/bunker dove alloggia Lang e la sua corte, e in quel momento le dinamiche si complicano ancor di più, se possibile.
Accolto da una pioggia quasi unanime di consensi e di esagerazioni (mi è costato fatica trovare un parere contrario su questo film, e una buona parte delle critiche usa la parola capolavoro spesso), ho trovato le critiche positive davvero esagerate. Stavo per scrivere che Polanski non mi è mai piaciuto, ma in effetti non è vero: se penso solo a Rosemary's Baby e Il Pianista, e li confronto a questo The Ghost Writer (in originale), la cosa mi sembra impari. Diciamo, meglio, che trovo la vena hitchcockiana di Polanski troppo osannata. Ma a molti piace.
L'influenza, addirittura la continua citazione cercata e voluta, nei confronti del Maestro, è palese fin quasi dall'inizio, anche solo per la scelta delle musiche; il problema, a mio giudizio, è che l'inserimento quasi forzoso di elementi di attualità, similitudini con personaggi reali (il film è tratto dall'omonimo libro di Robert Harris, che ha contribuito all'adattamento, e lo stesso Harris è un ghost writer, ed è stato proprio il ghost di Tony Blair, personaggio reale che somiglia in maniera quasi imbarazzante ad Adam Lang), uniti a situazioni poco verosimili e un po' da commedia degli equivoci più che da thriller, il tono spesso canzonatorio che il regista imprime alla storia, non giova all'atmosfera. Quando alla fine "stringe" e spinge, virando verso il dramma vero, non è più credibile.
Altro mio pensiero controcorrente, rispetto alle moltissime critiche positive che mi è capitato di leggere, la scelta e la direzione degli attori. Ho trovato il cast poco indovinato, con un Ewan McGregor (il "nuovo" ghost writer) sempre più spento, ed un Pierce Brosnan (Adam Lang) troppo gigione (non bastano le ultime sue scene per "riscattare" una prova complessivamente mediocre), oltre ad una Kim Cattrall (la segretaria/amante Amelia Bly) a tratti irriconoscibile e francamente poco comprensibile. Non sono sufficienti un sempre bravo Tom Wilkinson (Paul Emmett), un bel cameo di un James Belushi calvo (John Maddox), e una sempre più convincente Olivia Williams (Ruth Lang), che di recente avevamo apprezzato in una piccola parte in An Education.
1 commento:
Ruth Lang co-protagonista di una serie che a me è piaciuta molto, Dollhouse, che gli sceneggiatori hanno così tanto incasinato nella seconda serie da convincere la casa di produzione a sospenderla!
Posta un commento