La pecora nera - di Ascanio Celestini (2010)
Giudizio sintetico: si può vedere (2,5/5)
Giudizio vernacolare: boia vanto 'iacchera celestini
Nicola è nato a Roma nei "favolosi anni '60", una Roma di periferia ancora semi-contadina. Lo cresce la nonna, soprattutto, una nonna che possiede un pollaio e che offre a tutti uova talmente fresche che "puzzano ancora del culo della gallina". La madre è in manicomio, il padre fa il pastore con i due fratelli molto più grandi di Nicola. A scuola va male, è troppo distratto, vive in un mondo tutto suo. Poi, succede qualcosa.
Lo ritroviamo una trentina d'anni dopo, proprio nel manicomio dove stava sua madre, e la nonna lo accompagnava, offrendo le uova alle suore. Ogni giorno va al supermercato a fare la spesa con la suora che gestisce il manicomio, e l'amico Nicola, che è proprio matto...
Celestini debutta al cinema con un'opera che ha già portato a teatro e che è diventata un libro. La struttura è evidentemente teatrale, e quindi poco cinematografica: tutta la storia è sorretta da una sorta di monologo del personaggio protagonista, naturalmente interpretato da Celestini, che appesantisce il tutto, soprattutto perchè lo stile di Celestini, per chi non lo conoscesse, è fatto da raffiche di parole e un uso reiterato dei tormentoni. Mai troppo stupidi (anzi), sia chiaro.
Metteteci inoltre un'ambientazione in maggioranza in interni, piuttosto claustrofobici, una fotografia non brutta, ma senza dubbio deprimente, e un uso piuttosto intenso dei flashback, per spiegare, a cerchi concentrici, cosa è accaduto in quei trent'anni da una parte, e cosa sta accadendo adesso al protagonista, e vi renderete conto subito che il film non è di quelli godibili e scorrevoli.
Nonostante ciò, mi sento di dire che La pecora nera è un lavoro ammirevole. Perchè la struttura, di cui sopra, che porta pian piano alla conclusione, è ben congegnata, e perchè tutto il film è costellato da un umorismo amaro ma (ovviamente) divertente, e non mancano i momenti di pura poesia. Senza parlare della riflessione sulla malattia mentale, e su come veniva trattata prima della Legge Basaglia.
A parte Celestini, che la maggior parte di voi conosce, ed è, in questo film, com'è in televisione o a teatro, ottime le prove di Giorgio Tirabassi (l'amico del protagonista) e di una Maya Sansa (Marinella) un po' inedita, che recitando senza il vincolo della dizione controllata risulta diversa dal solito. Curiosità: nei panni del padre del protagonista c'è Nicola Rignanese, già partner di Antonio Albanese (il figlio di Perego; "Emergency, by Gino Strada"), ed in quelli della suora di colore c'è Igiaba Scego, scrittrice italiana di origine somala, della quale ho pubblicato anche alcuni articoli, e che scrive anche per Internazionale.
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