Per ora noi la chiameremo felicità - Le luci della centrale elettrica (2010)
Diciamocelo: era prevedibile, che già al secondo disco, Le luci della centrale elettrica aka Vasco Brondi, mostrasse la corda. E' naturale che sembri tutto già sentito. Lo stile è quello, già sviscerato perchè era qualcosa, all'esordio, di strano e di mai (o quasi mai) sentito. La musica è ripetitiva, lo era già con le Canzoni da spiaggia deturpata, che pure mi era piaciuto molto, e che aveva un senso, perchè erano poco più di un tappeto ai testi caotici, ermetici e surreali-ma-non-troppo.
Certo, qualcosa si muove. Accenni di un cantato leggermente diverso in alcuni passaggi (I nostri corpi celesti, Una guerra fredda), arricchimenti armonici, tramite elettronica ed archi, alle musiche; ma è davvero poca cosa per registrare un progresso, una variazione, un arricchimento.
Il disco lascia poco, molto, molto meno del precedente. Il prossimo ci dirà se Brondi è stato una meteora, oppure no.
1 commento:
Lo diciamo? Diciamolo: fa cagare.
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