The Town - di Ben Affleck (2010)
Giudizio sintetico: si può perdere (2/5)
Giudizio vernacolare: firmetto
Charlestown, un enorme quartiere di Boston, tradizionalmente abitato da famiglie di origine irlandese, capitale statunitense delle rapine in banca. Doug MacRay è ancora giovane, ma già molto esperto del tema, e agisce da anni con la sua gang, della quale fa parte James "Jem" Coughlin, che, insieme alla sorella Krista (scopamica di Doug), ragazza madre, è anche un po' la sua famiglia: la madre di Doug infatti se n'è andata quando lui era ancora piccolo, il padre Stephen è in carcere per una lunga condanna. Durante un colpo che va a buon fine, prendono in ostaggio la manager della banca rapinata, Claire Keesey, per poi rilasciarla di lì a poco. Ma Jem è preoccupato che possa riconoscerli, almeno dalla voce, e vuole sorvegliarla. Doug, conoscendolo bene, si offre lui per tenerla d'occhio, capendo che Jem potrebbe, per così dire, calcare la mano. Anche Doug, per essere un rapinatore, esagera. Non solo tiene d'occhio Claire, che ha già parlato con l'FBI, senza peraltro aver aiutato molto le indagini, ma la conosce, e comincia ad uscire con lei. Dietro questa spinta a conoscere una persona che vive onestamente, è evidente che c'è una voglia di cambiamento. Ma non sarà così semplice per Doug.
Nonostante sia molto amico di Kevin Smith (ricordiamo le sue comparsate nei suoi film, e quella da protagonista in Dogma, insieme al suo collega di Oscar Matt Damon), e nonostante abbia vinto un Oscar, appunto, come sceneggiatore (nel 1998 per Will Hunting - Genio ribelle, con Damon; non dimentichiamoci però che ha vinto molti Razzie, ma quelli sempre per le sue recitazioni), Affleck non mi convince né come attore, né come sceneggiatore. Figuriamoci come regista.
The Town non è un brutto film, intendiamoci. Tratto da Il principe del ladri di Chuck Hogan, diciamo che è una specie di poliziesco, o meglio, un "ladresco", abbastanza di maniera. Anche abbastanza moscio, escluse naturalmente le poche scene d'azione (le rapine, e anche qui non è che debordi l'adrenalina). Ma sarebbe passabile se non avesse, a mio parere, due grossi difetti.
Il primo è che la variazione sul tema, l'ostaggio femminile che "interagisce" con alcuni elementi della gang anche dopo il rilascio, e finisce per avere una storia con una persona che è stato anche il suo aguzzino (seppure per pochi minuti) a sua insaputa, una specie di Sindrome di Stoccolma lampo (perchè il rapimento è stato veloce) e "al buio", la variazione sul tema dicevo, è telefonatissima: dopo circa 6 secondi si capisce che Rebecca Hall finirà a letto con il regista/sceneggiatore/attore protagonista monoespressione Big Jim finto irlandese (in questo caso). Il secondo è che Charlestown, che secondo la tagline ("Benvenuti nella capitale delle rapine in banca") si preannuncia come uno dei protagonisti, nonostante gli sproloqui di qualche recensore (che evidentemente ha visto un altro film), è pressoché inesistente. E' lì, quieta, sullo sfondo, non è "viva", non appare, nonostante sforni a ciclo continuo abili rapinatori. Non bastano innumerevoli panoramiche sull'obelisco del Bunker Hill Monument per riuscire a "raccontare" un quartiere di questa importanza.
Detto questo, forse si è capito che il film non mi ha entusiasmato, diciamo del cast. Vale più una smorfia di Pete Postlethwaite (Fergie) di 120 minuti di Ben Affleck (Doug). Non si capisce però perchè scomodarlo. O forse si. Così come quei due minuti di Chris Cooper (Stephen, il padre di Doug), preziosissimi. Rebecca Hall (Claire) che zappetta l'orto? Ne potevamo fare a meno. Benino Jeremy Renner (ovviamente era meglio in The Hurt Locker). Vincono Jon Hamm (Agente Speciale Frawley), anche se chi è appassionato di Mad Men conosce già l'intero campionario delle sue espressioni (ma gli auguriamo una carriera luminosa), e Blake Lively (Krista).
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