North Face - Una storia vera - di Philipp Stolzl (2010)
Giudizio sintetico: da vedere (3/5)
Giudizio vernacolare: che passione ti ciavevano ve' due
Nel 1936, in Germania regna il nazismo e ci si prepara alle Olimpiadi. La propaganda di Hitler cerca eroi sportivi, in attesa di quelli combattenti. La scalata della parete nord del monte Eiger, nelle Alpi bernesi in Svizzera, è un'impresa ancora da compiere, molto ambita dagli alpinisti di tutta Europa. L'attenzione si concentra su Andreas Hinterstoisser e Toni Kurz, due amici bavaresi con una grande passione per l'alpinismo, e un carattere stoico, che non perdono occasione, in ogni momento libero dal servizio militare, per arrampicarsi. Addirittura, quando il loro superiore gli rifiuta una licenza, si congedano pur di rimanere liberi di andare per montagne.
Nel frattempo, la loro fama a Berlino cresce. Nella sede di un quotidiano, Luise Fellner, poco più di una segretaria con velleità da fotografa, si dimostra molto informata sui due; il suo superiore, Henry Arau, la promuove immediatamente fotografa ufficiale, fiutando uno scoop, e la invia al loro comune paese natale in Baviera, capendo che Luise, Andreas e Toni non sono solo conoscenti, per fare un servizio fotografico e giornalistico sulla loro preparazione all'impresa.
Toni, al rivedere Luise, una sua vecchia fiamma, si insospettisce, e le dice che hanno rinunciato. Ma mente, e i tre si ritroveranno ai piedi della parete nord tanto agognata.
Ottimo film questo del poliedrico tedesco Stolzl, attivo anche a teatro, in pubblicità e nei videoclip (Evanescence, Madonna, Garbage, Rammstein). Godibile a livello tecnico, con una bella fotografia, una ricostruzione d'epoca curata, e suggestive riprese in quota, si basa sulla vera storia della scalata tentata dalle due squadre, la tedesca e l'austriaca, leggermente romanzata dalla sceneggiatura, scritta con altre quattro persone, tutte con un buon curriculum, che in pratica inserisce il personaggio di Luise, generando anche una sottotrama romantica e piuttosto platonica, che serve ad allungare un po' il brodo ma risulta efficace e mai melensa. Il risultato è un film che si può anche leggere come allegoria delle trame naziste ante-guerra, soprattutto per il loro "rapporto" verso gli austriaci, ma al tempo stesso una pellicola tesa, emozionante e straziante, senza però una ricerca forzata della lacrima facile.
Gli attori sono bravi, compresi quelli di contorno, ma il terzetto su cui si basa il lavoro sono davvero ottimi. Ulrich Tukur interpreta Henry Arau, il reporter devoto al Reich che non si fa troppi scrupoli ("Sono un reporter" - "Ma è anche un essere umano" - "A volte"), ed è viscido quanto basta. Lo abbiamo apprezzato ne Il nastro bianco, Le vite degli altri e in Amen di Costa-Gavras. Benno Furmann è Toni Kurz, visto nel curioso La principessa e il guerriero di Tom Twyker al fianco di Franka Potente, ed ha un viso indimenticabile; al pari di Johanna Wokalek, qui Luise Fellner, era Gudrun Ensslin ne La banda Baader Meinhof, e più di recente protagonista ne La papessa.
Un film da ripescare.
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