No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20100228

Shylock


Il mercante di Venezia – di Michael Radford 2005

Giudizio sintetico: si può vedere (3/5)
Giudizio vernacolare: scespirre è sempre scespirre


Venezia, 1596; Bassanio, giovane e bello ma senza soldi, seppur abituato ai lussi, intimo di Antonio, ricco mercante (un antico armatore), ha bisogno di soldi per corteggiare e sposare la bella Porzia, desiderata dal mondo intero, ma legata ad un patto al padre morto, che ha voluto che la figlia andasse in sposa solo a chi risolverà un enigma.
Antonio, pur odiando gli ebrei, come tutti i cristiani, e come sembra andasse di moda all’epoca (moda che, come tutte le altre, ogni tanto ha i suoi rigurgiti e si ripropone), intercede e fa da garante per Bassanio presso Shylock, ebreo vedovo, padre di Jessica, usuraio ansioso di prendersi una rivincita sul ricco cristiano, usandolo come capro espiatorio. Chiede e ottiene che sul contratto appaia che, nel caso di insolvibilità di Antonio alla scadenza, Shylock ottenga una libbra della sua carne.
Antonio perderà tutti i suoi averi, e non sarà quindi in grado di saldare il debito; Porzia, nel frattempo sposatasi con Bassanio, travestita da avvocato, troverà un cavillo che salverà la vita di Antonio.

Tratto come quasi tutti sanno da Shakespeare, ambientato (e girato realmente) in una Venezia nebbiosa e peccaminosa, diretto come se fosse a teatro da Radford, senza sbavature ma anche senza intuizioni geniali, o sconvolgimenti temporali, anche apprezzabili, come in Titus della Taymor o Romeo+Juliet di Luhrmann, oppure viraggi personalizzati come in Molto rumore per nulla di Branagh, addirittura inventati come Shakespeare in Love di Madden, il film deve a parer mio far riflettere su: è ancora il caso di fare film da Shakespeare?

La mia personale risposta è: SI.
A prescindere da come sia riuscito l’ennesimo film da una delle sue molteplici opere, il drammaturgo inglese è ancora attualissimo, e in questo caso, anche se la lettura è tutto sommato piuttosto didascalica, il soggetto risulta indovinato, in quanto attuale.
Vi bastino omosessualità, razzismo e donne al potere come spunto, il resto viene da se assistendo alla "rappresentazione".
Due parole sul cast; Irons ormai pare ingabbiato in un unico personaggio, e recita Antonio come l’Alex di Io ballo da sola, Fiennes è bravo ma non eccelso, Pacino è in forma, ma la riuscita della prova, una volta tanto, crediamo dipenda in buona parte dal doppiaggio scintillante e teatrale di Giancarlo Giannini.
La folgorazione è la Porzia di Lynn Collins (era anche in 30 anni in un secondo con Jennifer Garner), molto brava. Ne vogliamo ancora.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Mah, sono sempre un pò scettica su queste operazioni...