100 Lovers - Devotchka (2011)
Sesto disco per la band di Denver, ma che potrebbe essere di tanti altri luoghi. Band non troppo conosciuta (io li avevo sentiti nominare perché spesso Basia Bulat ha aperto per alcuni loro concerti), ma che probabilmente molti di voi hanno inconsapevolmente già sentito, essendo autori di gran parte della colonna sonora di Little Miss Sunshine (e del pezzo che fece da sfondo per il trailer di Ogni cosa è illuminata), fondono nella loro musica elementi disparati e lontani anche nello spazio, venendo catalogati come gypsy punk o indie folk (ma non vi aspettate dei cloni dei Gogol Bordello: al contrario, la musica dei Devotchka potremo definirla emo-gitana, molto meno "muscolare" di quella dei GB); percussioni tribali, fisarmonica (le note non dicono di più, ma avendo inglobato anche il suono del tango, non escludo che usino il bandoneòn), theremin (anche detto thereminvox, visto che nacque come surrogato della voce umana), bouzouki, melodica, fiati da marching band o stile mariachi, archi vari, fanno da sfondo al canto del leader Nick Urata, leggermente monocorde ma sempre alla ricerca di un mood vagamente malinconico, che leghi insieme le suggestioni romantiche di tutte quelle tipologie musicali che ricordano le melodie, appunto, arabe, gitane, sudamericane, greche e slave, rendendole appetibili anche ad un pubblico fondamentalmente rock-oriented.
Nati come backing band di show burlesque (supportando anche la regina Dita von Teese), hanno debuttato su disco nel 2000 con SuperMelodrama, e da lì in poi si sono dati da fare con molti tour nell'ambiente underground.
Questo disco tocca vette emozionali alle quali spero non rimarrete indifferenti. Il lavoro di amalgama fatto dai quattro Devotchka (ragazza in russo), Tom Hagerman, Jeanie Schroder e Shawn King, oltre al già citato Urata, per rendere accessibile un mix di tante e tali influenze, è lodevole, ma non fa mancare mai, appunto, l'emozione, pur con una forma canzone un po' asimmetrica, e punta dritto al cuore. Basterà che ascoltiate il lamento soffice del pezzo posto in apertura, The Alley, e sono sicuro ne rimarrete rapiti.
Disco da ascoltare con attenzione, band da seguire con un occhio di riguardo.
1 commento:
molto bello, difficilmente catalogabile.
Viene voglia di andare indietro nella discografia.
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