No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20110313

le couperet


Cacciatore di teste – di Constantin Costa-Gavras (2006)


Giudizio sintetico: si può vedere (2,5/5)

Giudizio vernacolare: addavenì baffone

Bruno è dirigente in un’industria cartaria, ha grandi competenze, è molto bravo nel suo lavoro. Dopo 15 anni di onorata carriera, e dopo aver ricevuto un premio, viene licenziato, insieme a molti altri. “Ridistribuzione economica”, la motivazione. A volte, staccare può servire, specialmente quando si lavora duramente, e viste le competenze non sembrerebbe ci fosse da preoccuparsi. Dopo tre anni di disoccupazione, Bruno è ormai sull’orlo dell’abbrutimento, anche se patinato e mascherato dalla sua appartenenza sociale, dalla villetta con giardino, dalla monovolume, dalla moglie piacente e dai figli senza problemi. Mentre sullo sfondo si intravede la società europea che si disgrega ed è già nel pieno di una crisi, industriale, sociale e di valori (violenza televisiva, pornografia cartellonistico-pubblicitaria, licenziamenti selvaggi e susseguenti proteste in continuazione, interminabili file per i sussidi di disoccupazione), Bruno ormai disperato cerca di mettere a frutto le sue capacità strategiche e intellettive per elaborare un piano che gli restituisca, insieme al lavoro, la dignità, la stima della famiglia, il rispetto dei conoscenti, la classe sociale. Con uno stratagemma subdolo, riesce ad avere i curriculum di tutti i suoi potenziali concorrenti per un posto del suo livello, e, pian piano, ma sempre più vorticosamente, li elimina fisicamente.

Costa-Gavras ritorna, battendo sempre su temi attuali e su ferite aperte, questa volta lo fa col sorriso (amaro) sulle labbra; sembra quasi uscire dalle menti dei Dardenne, questo “Le couperet”, ma è molto più comico/satirico, meno cupo. E questo fa si che sul momento colpisca fino ad un certo punto, tanto è grottesca la figura di Bruno e le sue azioni. I particolari sullo sfondo sono talmente debordanti che è impossibile non cogliere il messaggio. Forse, proprio qui sta l’unico limite della pellicola. La storia è caricaturale (ma, attenzione, sappiamo che la realtà supera sempre la fantasia, e basta aprire i giornali per vedere che storie del genere possono accadere), quindi questi messaggi (poco) subliminali (come detto sopra, tv, cartellonistica pubblicitaria) rischiano di rendere il tutto un po’ troppo buffo.
Inoltre, la fotografia, un po’ troppo pulita per un film di Costa-Gavras, non fa altro che avvicinare la confezione (non certo i contenuti), ad una qualsiasi commedia francese.
Quindi, promosso il messaggio, rimandata la messa in scena. Un film comunque apprezzabile, è importante che di queste cose si continui a parlare.

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