No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20101031

Asperger



Adam - di Max Mayer (2010)

Giudizio sintetico: si può vedere (2,5/5)
Giudizio vernacolare: storia di uno svarvolato ma non troppo

Adam Raki è un giovane ingegnere esperto di elettronica, che svolge un lavoro non troppo qualificante, di sicuro al di sotto delle sue possibilità. Vive con il padre, ha la passione dell'astronomia, ha un'intelligenza brillante e intuitiva. Ha un problema: soffre della sindrome di Asperger, che lo costringe ad una pressoché totale mancanza di vita sociale. Una delle caratteristiche salienti della suddetta sindrome, è l'assenza delle capacità di distinguere i toni dei discorsi degli altri, le sfumature, l'ironia, tutta una serie di goffaggini che gli inibiscono di raggiungere un minimo di empatia con gli altri.
Il padre muore. I cambiamenti, anche quelli minimi, destabilizzano chiunque, ma ancor di più chi soffre dell'Asperger. Adam eredita ovviamente l'appartamento dove ha sempre vissuto, ma naturalmente si chiude ancora di più in se stesso. Ma, nello stesso palazzo, arriva Beth Buchwald, una giovane educatrice, ma pure scrittrice, con la necessità di ridisegnare la sua vita dopo la fine di un rapporto di coppia finito male. I due si conoscono, Beth è incuriosita da quel giovane carino che ha qualcosa di strano ma non sa cosa, e addirittura nasce una specie d'amore. Non sono tutte, come si dice, rose e fiori, però...
Film distribuito poco e male da noi, uscito in un periodo (maggio) infelice, nel quale gli italiani non sono abituati ad andare al cinema, Adam è il secondo lungometraggio per il cinema di Mayer, che però ha lavorato per la televisione (West Wing, Alias e Family Law). E' un lavoro piuttosto interessante, ben girato con una regia per nulla protagonista, non geniale ma onesta, su un argomento (l'handicap, in generale) più volte trattato al cinema, affrontato con garbo ma senza troppi sconti. C'è romanticismo ma senza troppa melassa, si fa qualche risata, la coppia di attori protagonisti se la cava molto bene (ed è quindi ben diretta), il finale più che accettabile. Se si aggiunge il fatto che ci mostra un handicap poco conosciuto, la sufficienza è ampiamente meritata, e chissà che Mayer non cresca nel prossimo futuro.

Mi piace farvi notare un particolare che sottolinea giustamente Lorenzo Pedrazzi su Spaziofilm.it nella sua recensione: la tagline originale, presente nella locandina, perde la sfumatura del gioco di parole nella corretta traduzione italiana. Peccato, ma è corretto anche farlo notare.

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