Miral - di Julian Schnabel (2010)
Giudizio sintetico: si può perdere (2/5)
Giudizio vernacolare: un po' troppo leccato
Miral è una bambina araba nata in Israele nei primissimi anni '70, da una madre dalla vita molto complicata, che si suicida quando lei ha solo 7 anni. Il padre, non certo, da solo non ce la fa ad educarla, e la conduce al Dar Al-Tifel, una scuola/orfanotrofio fondato per caso nel 1948 da Hind Al-Husseini, una donna palestinese straordinariamente forte, coraggiosa ed equilibrata; nel 1948, appunto, trovando, mentre si reca al suo posto di lavoro, 55 bambini palestinesi fuggiti ad un attacco di un gruppo paramilitare sionista, ai danni di un villaggio arabo-palestinese, pochi giorni prima della proclamazione dello Stato di Israele, decide di ospitarli per alcuni giorni nella sua grande casa. Hind è conscia di quello che sta accadendo, a dispetto dei suoni buoni rapporti con la comunità israeliana, come pure del fatto che l'unica speranza di salvezza e di convivenza, soprattutto per i palestinesi, sia l'istruzione, anche se dopo qualche decennio, cambierà idea, arrendendosi alla rovinosa spirale degli eventi. Miral dunque cresce sotto l'ala protettiva di Hind, finché all'età di 17 anni, per amore di un militante dell'OLP, si ritrova invischiata in un'azione terroristica, e di conseguenza davanti ad un bivio, ad una scelta di vita profonda, scelta nella quale la guida di Hind risulterà decisiva. Sullo sfondo del racconto, oltre 50 anni di conflitto israelo-palestinese.
Prosegue l'altalenante filmografia di Schnabel, genialoide artista pittorico "prestato" al cinema; debutto interessante ma non senza pecche con Basquiat, belli, strani e senza compromessi i seguenti Prima che sia notte e Lo scafando e la farfalla, così così quest'ultimo Miral. Troppo personale, evidentemente, il coinvolgimento, mettendo su pellicola il romanzo della sua attuale compagna Rula Jebreal, La strada dei fiori di Miral, la quale firma anche la sceneggiatura. Troppo leccata la fotografia, e troppo sottoutilizzati due fuoriclasse quali Willem Dafoe (Eddie) e Hiam Abbass (Hind), senza contare le semplificazioni della sceneggiatura, e il complesso avvicinamento al cuore della storia. C'è pure da dire che la bellissima Freida Pinto (The Millionaire), che interpreta Miral da grande, e che pure somiglia, in un certo qual modo, a Rula, che è ovviamente la persona sulla quale si basa la storia (anche se La strada dei fiori di Miral è si un'autobiografia, ma molto romanzata), è tutto fuorchè una grande attrice, capace di trasmettere forti emozioni, e quindi adatta ad una storia come doveva essere questa.
Aggiungeteci il fatto che Schnabel, a differenza di altre volte, si lascia andare poche volte alle sue invenzioni registiche, e questo alla fine compone il mezzo pasticcio. Tra l'altro, leggendo le recensioni dei professionisti, quelli insomma che hanno visto il film al Festival di Venezia o a quello di Toronto, si intuisce anche che il fatto di aver scelto la recitazione in inglese, soprattutto per la presenza della Pinto, appiattisce e snatura ancor di più i dialoghi, specialmente tra palestinesi, e pare (l'ho visto doppiato) che la Abbass reciti le frasi in arabo iniziando in arabo, appunto, e terminando in inglese. Per una volta, ci viene risparmiata una sofferenza, grazie al doppiaggio.
Un vero peccato, per un film su una questione si delicata, ma che ci ha regalato, anche solo negli ultimi anni, grandi grandi film, fatti da registi molto meno quotati di Schnabel. Magari è proprio questo il punto...
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