No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20101018

la passione di Silvio (Orlando)


La passione - di Carlo Mazzacurati (2010)

Giudizio sintetico: si può perdere (2/5)
Giudizio vernacolare: 'nzomma

Roma, Gianni Dubois è un regista cinematografico italiano considerato emergente. Non fa un film da oltre cinque anni, è in crisi di ispirazione, il suo produttore lo marca stretto, sempre più nervoso e indispettito, e come se non bastasse, la rottura di una tubatura nel suo appartamento nelle colline toscane rovina un antico e prezioso affresco sottostante, e lui vi si deve recare d'urgenza. Lì, nel grazioso borgo toscano, dapprima l'assessore lo fa sentire una merda, dopo di che lo fa convocare dal sindaco, una signora di mezza età ancora piacente (che se la fa con l'assessore). Il sindaco gli propone un buffo ricatto: o si presta a dirigere la Via Crucis, per la quale il paesino, fino a qualche anno prima, era famoso, oppure partirà la denuncia alle Belle Arti per il danneggiamento dell'affresco. Gianni non ha alternative, ed è quindi costretto a rimanere in Toscana, risucchiato in una situazione sempre più irreale: la signora che gli affitta una stanza lo molesta, lui si affida ad un ex galeotto come aiuto-regista, la parte di Gesù deve essere affidata ad Abbruscati, celebrità locale televisiva ma incapace come attore, il suo produttore gli combina un incontro con la stellina emergente della televisione, che accetta di farsi dirigere da lui per il suo debutto al cinema (e a lui non riesce di farsi venire uno straccio di idea), e nel frattempo le sue attenzioni sono tutte per Caterina, la barista polacca del paese, fidanzata con un musicista, con il quale le cose non vanno bene, che viene scelta da Ramiro (l'ex galeotto) per recitare la parte della Maddalena.

Intendiamoci, Mazzacurati fondamentalmente mi sta anche simpatico, pur senza conoscerlo. Ama la provincia, da questa parte sempre, o quasi, per le sue riflessioni su questa Italia, pregi e soprattutto difetti, e stavolta forse più delle altre volte ci mette dentro molto di suo, del suo ambiente, di quanto sia difficile fare cinema in Italia. Però, a dispetto di film deliziosi, che mi hanno letteralmente conquistato, in passato (Il toro, Vesna va veloce, La lingua del santo), ultimamente sembra aver perso un po' la bussola, bussola che pareva aver parzialmente ritrovato con il precedente La giusta distanza.
Questo La passione piace e diverte per un po', dopo di che si perde e si sfilaccia, senza che lo spettatore riesca a capire se e dove vuole arrivare. Silvio Orlando (Dubois) recita il personaggio che è solito recitare un po' in ogni film, Battiston (Ramiro) pure (e qui, anche, c'è un limite del regista), Messeri (l'assessore) e Sandrelli (il sindaco) fanno coppia come nell'ultimo Virzì, la Smutniak (Caterina) e la Capotondi (la stellina emergente) fanno la loro parte (meglio la prima della seconda), le battute e le situazioni spesso fanno ridere, ma la presunta catarsi che dovrebbe verificarsi durante la messa in scena della Via Crucis non coglie nel segno (e tra l'altro soffre di una fotografia che non riesce a dare profondità alla scena). Guzzanti (Abbruscati) sopra le righe, non riesce a dare quel qualcosa in più, o almeno ad integrarsi nel film, così come invece, ad esempio, accade in Boris con il suo personaggio schizoide (Guzzanti è indiscutibile, ma integrarlo con altri attori non è così facile come potrebbe sembrare).
Film incompleto, occasione mancata.

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