No pain. The world is a wonderful whisper for those who can listen, if necessary in silence.

20101011

Zajebisty!


Dal nostro inviato in Polonia (in realtà vi risiede), Massi, che ringrazio ancora una volta.


The Dillinger Escape Plan + Cancer Bats + The Ocean, sabato 9 ottobre 2010, Varsavia - Progresja


Parto da casa che mancano pochi minuti alle 20.00, orario che sul biglietto è dato come l'orario di inizio concerto. Sul sito del locale ho visto che ci son ben due gruppi spalla, per cui me la prendo comoda. Trovare il locale è un impresa, il Club Progresja sta "W dupie diabła" come recita l'espressione polacca che sono orgogliosissimo di aver inventato. L'indirizzo del sito elaborato da google maps punta in una strada che ad un certo punto finisce nel nulla (siamo alla periferia di Varsavia che è un non luogo a metà tra il bosco e zone residenziali di casette e stradine a volte di terra). Con l'aiuto di Sylwia al cellulare da casa e di un paio di ragazzi per la strada trovo il Progresja. Sono le 20.30 e dentro stanno suonando. Pratiche di rito per entrare: veloce perquisizione a tastoni per accertarsi che non abbia oggetti contundenti, strappo del biglietto e via. Nell'atrio subito le bancarelle dei gruppi. T-shirt, felpe, cd e lp. Belle le copertine alternative dell'ultimo lavoro dei Dillinger, le magliette invece non mi ispirano, mi piace una t-shirt dei Cancer Bats, ma non ho trovato sufficiente contante in casa e dubito accettino il bancomat. M'informo su chi stia suonando: sono ancora i tedeschi The Ocean.
M'intrufolo tra il pubblico e raggiungo velocemente le pime file, lo spazio non è enorme ma per ora la calca è solo alle transenne sotto il palco.
Il Progresja non è (come mi aspettavo dal nome) né una vecchia balera, né una discoteca per techno progressive rave party, ma appare più un tempietto del metal. Alle pareti poster degli Iron, Morbid Angel, Dream Theater, Marillion. Il pubblico è molto giovane, molte t-shirt scure di gruppi metallari, non tantissimi capelli lunghi. Qualche fan del metallo pesante "old style", moltissimi giovani anche emo e alternative. Io sono ufficialmente tra i più vecchi.
I tedeschi suonano un metal con delle venature che definirei prog (ma io non ci capisco niente di etichette), cantato growl sui toni bassi e cupi, canzoni lunghe e innumerevoli cambi di ritmo e registro (o canzoni brevissime attaccate una all'altra in un flusso continuo). Non mi dispiacciono. Dato che sono arrivato tardi li ascolto solo per una ventina di minuti, il necessario per lasciare la voglia di ascoltarli ancora un po' e non annoiarsi. Una nota, il chitarrista "ritmico" sembra un mix tra Viggo Mortensen in Carlito's Way e James Hetfield, il bassista ha dei capelloni improponibili per un gruppo metal classico, una cosa tra Cedric Bixler Zavala e Caparezza.
Nel cambio palco vado a cercare il loro banchetto. Cd dagli artwork molto elaborati e prezzi piuttosto alti per essere il primo gruppo spalla (cd 80 pln come i Dillinger, mentre i successivi Cancer Bats li hanno a 50 pln). In bella vista è appeso un cartello che recita: "We are looking for a place to sleep (and weed) for tonight. Maybe in Wroclaw?"
Ottima opportunità per un fan che volesse avvicinarli. Mentre lascio il banchetto noto che qualcuno sta già offrendo l'alloggio, ma non mi fermo a origliare, non è educato.
Salgono sul palco i Cancer Bats e il pubblico risponde alla grande, evidentemente sono conosciuti e amati. Vengono dal Canada e il cantante dice qualcosa tipo: "It took two fucking years but if fucking amazing to be back in Poland!" e poi presenta il gruppo con un: "We are the fucking Cancer Bats! Let's fight (indicando le prime file di pogo scalmanato), and show who the fuck we are!"
Il loro set è molto tirato. Un metal che mi pare debitore al Marilyn Manson di Antichrist Superstar, per atmosfere, cattiveria e tipo di cantato. Il cantante si da molto da fare e pur con capelli non troppo lunghi e solo a centro testa (tempie quasi rasate), si esibisce in un headbanging decisamente fluido, da vero esperto. Il chitarrista è un ciccione alto mezzo metro con i capelli lisci e lunghissimi. Piuttosto tecnico (imbraccia la chitarra alla Morello) e non molto mobile. Il bassista aveva una distorsione tale da sembrare a tratti una seconda chitarra. Il giovane pubblico si concede ad un pogo quasi disumano. Le prime file sono pressate sulle transenne e dietro c'è uno spazio di almeno 5 metri dove una ventina di pazzi di contorce, salta, cade, sgomita e pare un miracolo che non si contino i morti e i feriti.
In particolare ci sono due tipi di pogo che non avevo mai riscontrato prima e che mi fanno allontanare di qualche passo: alcuni tipi che col busto piegato in avanti rannicchiati sulle ginocchia roteano vorticosamente le braccia tese (un po' come Popeye prima di tirare un cazzottone), e alcuni momenti in cui il cantante lancia una specie di girotondo dove tutti 'sti pazzi scalmanati corrono in cerchio velocemente sgomitando, tirando pugni all'aria e spingendosi a ripetizione in una specie di calcinculo indivolato, senza seggioline.
Nonostante si senta che i Cancer Bats non sono certo alle prime armi, devo dire che i 45 minuti a loro dedicati, dopo la mezz'ora, paiono interminabili e alla fine mi sono decisamente rotto il cazzo.
Altro cambio palco. Dopo il pogo mostruoso dei Cancer Bats temo che il Progresja esploderà con i Dillinger (oltretutto ora c'è il doppio della gente) e indietreggio quasi davanti al mixer. Un errore in realtà perché la potenza disarmante della banda annichilirà completamente il pubblico (già stanchino dopo i Cancer Bats, devo dire) rendendolo a tratti un gruppo di lobotomizzati che fa solo "si" con il testino a ritmo di musica (me compreso): una specie di headbanging minimal.
Il cambio palco è lunghetto, un po' per il numero di chitarre che uno dei roadie deve accordare (più tardi ne suonerà anche un paio a supportare la band mentre il chitarrista suona una tastiera) e un po' perché c'è una tipa un po' dark che perde un tempo quasi infinito a orientare tre specchi, che sono messi sul palco ai fianchi e dietro alla batteria e che in realtà nascondono delle strisce di led luminosi (il test del light designer ce lo rivela prima dell'inizio del concerto). Operazione inutile oltretutto, quella della bimba, dato che i due roadies durante gli ultimi controlli agli strumenti sposteranno gli specchi urtandoci contro. Notevole uno dei roadie che passa 2 o 3 minuti buoni a sventolare il microfono del cantante davanti alle spie sul palco, per cercare assieme al fonico di evitare in maniera certosina qualsiasi effetto larsen.
Salgono i Dillinger sul palco accolti da un'ovazione generale. Il cantante è una specie di palestrato più largo che alto. Le sue braccia possenti e il collo taurino sono già nel mito. Il bassista ha una barba infinita. Smilzo alto come ogni bassista che si rispetti, pare un clochard preso dalla strada, il chitarrista di destra (Jeff Tuttle, n.d.jumbolo) sembra un neo-nazi e il batterista un ragazzino che sta finendo il liceo; il chitarrista di sinistra ( - Ben Weinman, n.d.jumbolo - che poi destra e sinistra è piuttosto relativo dato che saltano e corrono ovunque) pare una persona normale, salvo poi rivelarsi un pazzo scalmanato, forse il più pazzo di tutti.
Il tiro del concerto è subito al top, non vi dico i brani perché non li conosco e ho ascoltato poco i dischi, riconosco come secondo pezzo il brano d'apertura di "Ire Works" (quello che di solito muove Sylwia a spegnere lo stereo con odio senza dire una parola), Fix Your Face. Il pubblico è tra l'adorante e l'annichilito. La potenza di suono che viene dal palco è inimmaginabile eppure, nonostante un livello di rombo probabilmente oltre ogni livello di distorsione, si distinguono nettamente i suoni dei vari strumenti e della voce, devo dire se pur non perfetta a livello melodico, sempre potentissima.
Quello che accade sul palco è follia pura, il cantante palestrato è un istrione totale, canta, ruggisce, domina il pubblico, gesticola e ha una presenza scenica davvero di grande effetto. Il chitarrista neo-nazi fà delle facce inquietantissime quando suona e guarda il pubblico con un espressione che pare odio puro. Il chitarrista folle corre, salta, rotola, fa roteare la chitarra attorno al braccio come fosse un hula hop. Non si contano le volte in cui il palestrato si butta sopra alle prime file che lo sorreggono come un dio celtico su uno scudo da guerra. L'ottimo light design esalta la potenza dello spettacolo, finalmente si vede un uso della luce sul palco non standard e non esagerata, ma giusta pensata appositamente per lo show.
Passata ben oltre la mezz'ora il pubblico è distrutto di fatica eppure i cinque continuano implacabili: i pezzi si avvicendano incessanti con notevoli cambi di ritmo, stop and go e perfino momenti melodici, il concerto pare non finire mai e tu vorresti che non finisse mai. Di grande effetto un paio di brani che partono ultra melodici solo piano e voce, e che in un fluire naturale evolvono in un muro di suono di una violenza inimmaginabile: praticamente una ballad che passa attraverso il jazz più freddo e acido e evolve in un metal futuristico, fondendo tutto assieme come se fosse la cosa più naturale del mondo. Come se i Dillinger ti spiegassero che in fondo i confini musicali son solo cose per chi non ha sufficiente ampiezza di vedute. Ad essere pedanti il cantato "pulito" del palestrato non è proprio perfetto nella parte più melodica, ma provate voi a urlare come dei pazzi per più di 40 minuti in un growl forsennato e aspro, e poi improvvisamente cambiare registro e cantare una ballad avvolgente. Si fa fatica anche solo a pensarle certe cose. Una breve pausa per il quintetto e bis con finale apocalittico, il palestrato ad un certo punto passa l'asta del microfono alle prime file spiegandogli di metterlo in mezzo alla sala (il tutto continuando a cantare ovviamente), poi si lancia nella folla (e scompare in tutta la sua nanezza) e tutto il pubblico si stringe in un sudatissimo abbraccio urlando tutti contemporaneamente nel microfono. In qualche modo riesce a raggiungere nuovamente il palco e salire, per ringraziare tutti. Si vede chiaramente in volto che aveva bisogno di questo momento di contatto totale col pubblico dal quale trae tutta l'energia che amplifica e rispedisce al mittente dal palco. Anche i chitarristi si lanciano con tanto di chitarre sulle prime file e mi aspetto che da un momento all'altro anche il batterista faccia stage diving con tanto di grancassa (a fine concerto approfitterà di un lungo feedback rumoristico per farsi anche lui il suo tuffetto, ecchecazzo, ci vuole no?!). Il finale è devastante. Sono in pochissimi dal pubblico che dopo l'uscita dei musicisti ha ancora la forza di scandire "Dil-lin-ger! Dil-lin-ger!".
Si esce tutti un po' rintronati dalla sala con la testa annebbiata e la sensazione di aver assistito a qualcosa di davvero maiuscolo. Un' esibizione che è spettacolo e adrenalina allo stato puro. Un live come dovrebbero essere tutti i live, dove musicisti e pubblico creano un polo di energia unico che esplode e rimbalza ovunque e che alla fine ti lascia svuotato come dieci orgasmi. Appena mia figlia sarà in grado di sopportare l'onda d'urto sonora che mi ha appiattito l'udito (ho ancora le orecchie che fischiano a quasi 20 ore di distanza) la porterò a vederli perchè questa è una band che incasellare in un etichetta qualsiasi (che sia math-core, metal o altro) non è solo riduttivo, è stupido. Un gruppo che chiunque ama la musica e non ha paura di provare qualcosa di diverso dovrebbe vedere almeno una volta nella vita. Da oggi odio ufficialmente la mia radio preferita di Varsavia (Eskarock) per non aver mai nominato nemmeno di striscio questo concerto nelle scorse settimane (mentre frantuma il cazzo con Serj Tankian, Limp Bizkit, Linkin Park), chiunque vuole fregiarsi della parola rock, non può ignorare i Dillinger.
Non è stato il concerto dell'anno: è stato il concerto che ha frantumato tutti i concerti del decennio (si, Tiny Masters Of Today compresi).

Momento culto, quando il cantante dei Dillinger in una delle poche e brevi pause, si rammarica di non saper come dire "fucking amazing" in polacco e il pubblico all'unisono risponde "Zajebisty!", lui scende davanti alle primissime file per farselo spiegare bene e ripronunciarlo corettamente quando sale sul palco.

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