Wall Street: il denaro non dorme mai - di Oliver Stone (2010)
Giudizio sintetico: si può perdere (2/5)
Giudizio vernacolare: fa caà
Siamo nel 2008, e Gordon Gekko è ancora vivo e vegeto. E' uscito di prigione nel 2001, dopo aver scontato una pena di 8 anni per insider trading ed altre amenità, sembra un uomo diverso. Scrive perfino un libro dal titolo L'avidità è buona?, e va in giro a tenere conferenze dove mette in guardia giovani studenti di economia e curiosi, sulla prossima bolla speculativa, che scoppierà presto e travolgerà tutto e tutti.
Quando è uscito di prigione però, non c'era nessuno ad attenderlo. Nemmeno la figlia Winnie.
Winnie è un po' il suo opposto. Pacata, dolce, democratica e idealista. Di lavoro fa la webmaster del sito dei Democratici, appunto. Convive con Jacob, che fa il broker per una banca di investimenti, ed è un deciso sostenitore delle energie eco-sostenibili. Jacob è abbastanza sveglio, ed è affascinato dal padre di Winnie, padre che Winnie non vuol più vedere.
Il capo di Jacob, Lewis Zabel, proprio in quei giorni, gli consegna un bonus di un milione e mezzo di dollari, invitandolo a sposarsi con Winnie e a godersi la vita finché è in tempo. Jacob, dopo aver comprato un bell'anello per Winnie, investe il resto nella stessa società per cui lavora, incurante delle avvisaglie di crisi. Il giorno seguente, l'economia intera comincia a crollare.
E' l'inizio di una serie di eventi che sconvolgeranno la vita di molti.
Certo, gli eventi del 2008 avevano reso l'occasione ghiotta. Un sequel di un grande film, quale era stato Wall Street nel 1987. Oliver Stone, ormai lo conosciamo anche senza essere intimi: è un Gordon Gekko della pellicola. Ingordo, pieno di sé, ma questo non gli ha impedito di darci grandi film, come pure di compiere grandi passi falsi. Questo secondo Wall Street non è un granché, diciamolo chiaramente. E' debordante, esagerato, complesso nella trama (non abbiate però paura, sembra complesso ma alla fine non lo è, anche se come me non siete degli esperti di economia), ma alla fine esile nei risultati, e piuttosto accomodante nel finale. Le molte trovate registiche appesantiscono il film [split screen, transizioni circolari (iris transition, come nei titoli di testa dei film di 007)], anche se non è in discussione la maestria di Stone dietro alla macchina da presa (la sequenza iniziale, per dirne una), ma queste non sono il peggior difetto, e neppure la durata, decisamente eccessiva. Quello che non si comprende è "il colore" dei protagonisti, che rimangono tutti in mezzo ad un guado. Gekko, la figlia, Jacob, perfino il perfido Bretton James (interpretato da Josh Brolin), alla fine sembra quasi uscire assolto dalla storia. Attori che paiono incapaci, a parte Douglas, sempre all'altezza anche da pensionato (da LaBoeuf ce lo potevamo aspettare, ma da Brolin e dalla Mulligan non proprio), e un finale veramente fastidioso, fanno uscire dalla sala con un grande disappunto.
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